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                              Un prologo che è un nuovo capitolo...
 Scrive Fidel:
 “Camacho: lui era uguale a tanti altri giovani di 
                              qualsiasi parte del paese, già stanchi di 
                              sopportare povertà, disoccupazione, sfruttamento e 
                              ingiustizia, che contrastavano con la vita 
                              privilegiata di una minoranza associata ai 
                              proprietari stranieri. Chi non intendeva questo, 
                              non intendeva assolutamente niente”
 
                              
                              Lui avrebbe potuto cedere tutto, anche il suo 
                              incarico, dato che lo aveva già sfruttato per 5 
                              anni, con tutte le sue entrate e i succulenti 
                              benefici in cambio di un solo impegno: 
                              l’intangibilità dei quadri dell’Esercito. 
                               
                              
                              Nessuno si poteva opporre a quella soluzione e 
                              avrebbe conservato tutta la sua influenza politica 
                              e militare nel paese; non sarebbe stato possibile 
                              chiedergli di rendere conto di tutti gli imbrogli 
                              passati e presenti; con lui si sarebbe salvata 
                              anche la sua stessa banda, perchè i popoli, nel 
                              loro affanno di pace, sono capaci di perdonare 
                              molte cose.  
                              
                              Quelli che desideriamo cambiamenti più profondi 
                              nella nostra vita pubblica, ci saremmo visti messi 
                              in un angolo, e ci saremmo dovuti rassegnare al 
                              marciume della politica tradizionale, con la 
                              tristezza infinita di vedere impuniti tanti 
                              crimini, in attesa di un’altra opportunità. 
                               
                              
                              Forse saremmo diventati vecchi. 
                              
                              Oggi è il rovescio in assoluto. L’Esercito vede in 
                              pericolo la sua stessa esistenza. I soldati si 
                              stanno svegliando alla realtà; quelli che si 
                              dicevano loro amici hanno preferito sacrificare 
                              gli istituti armati prima di cedere un apice dei 
                              loro interessi, delle loro ambizioni bastarde,dei 
                              loro appetiti di potere.  
                              
                              La pace si è trasformata in un clamore e se la 
                              pace non si può ottenere in altra forma che 
                              distruggendo l’edificio traballante, nessuno sarà 
                              disposto a morire sotto le sue rovine per 
                              sostenerlo.   
                              
                              Anche se un accordo tra militari e rivoluzionari è 
                              quel che potrebbe ancora salvare l’esercito dalla 
                              sua totale disintegrazione, questo appare  molto 
                              difficile perchè l’esercito stesso manca di un 
                              leader d’alta gerarchia, con una forza propria e 
                              una morale sufficiente per parlare a nome del 
                              Corpo.  
                              
                              I militari più coscienti ma di minor gerarchia, 
                              che non possono utilizzare le loro forze per agire 
                              all’interno del corpo, non fanno causa comune con 
                              la Rivoluzione perchè non sono capaci di puntare 
                              le loro armi contro la tirannia.   
                              
                              Come se Batista fosse l’esercito, come se 
                              Tabernilla, Chaviano, Pilar García e gli altri 
                              capi criminali e ladri fossero l’esercito. 
                               
                              
                              Si chiama slealtà cospirare contro di loro, si 
                              chiama tradimento, il diritto e il dovere di 
                              ribellarsi contro la criminale e corrotta 
                              autocrazia, anche se non fosse che per salvare 
                              l’esercito dalla sua disintegrazione e salvare la 
                              vita di tanti soldati che stanno morendo e vanno a 
                              morire in nome d’una vergognosa e ignobile causa, 
                              se non interessa loro per niente il destino della 
                              nazione.     
                              
                              Batista si trova in una strada senza uscita e con 
                              lui l’Esercito.  
                              
                              Questa verità  che oggi è evidente e lo sarà ogni 
                              giorno di più qualsiasi misura prenda, dato che è 
                              troppo tardi per rimediare, soprattutto quando la 
                              mancanza di previsione è completa e la cecità 
                              assoluta.  
                              
                              L’esercito si sta disarticolando a vista d’occhio, 
                              senza che nessuno lo possa impedire, perchè gli 
                              esercito nazionali si fondano per fini più nobili 
                              del crimine, il ricatto e la repressione. 
                               
                              
                              L’atteggiamento delle truppe è di  assoluta 
                              disillusione e sono pochi gli ufficiali - e sempre 
                              meno- con l’animo di sollevare le loro unità al 
                              combattimento, e non per mancanza di coraggio, ma 
                              per qualcosa di più doloroso e irrimediabile, per 
                              mancanza d’incitamento, di ragioni per lottare, 
                              perchè non si può avere coraggio senza convinzione. 
                              
                              Le nuove reclute disertano a centinaia. 
                               
                              
                              La lotta senza dubbio non è entrata nella sua 
                              tappa più dura.  
                              
                              Già non si può più impedire: le colonne ribelli si 
                              estenderanno per tutto il territorio e si sa bene 
                              che in qualsiasi luogo giungono, prosperano 
                              rapidamente.  
                              
                              Sessanta uomini che partirono dalla Sierra Maestra 
                              sei mesi fa verso il nord della provincia, oggi 
                              occupano un esteso territorio di migliaia di 
                              chilometri quadrati, che è un modello 
                              d’organizzazione, amministrazione e ordine, nel 
                              cui seno si trova la ricchezza di diciassette 
                              fabbriche di zucchero, con le riserve minerali più 
                              preziose di Cuba.  
                              
                              Il 95% della produzione di caffè si ottiene in 
                              questo territorio libero. Non avevamo, quando 
                              abbiamo cominciato, i nostri mortai 81, nè i 
                              bazooka, nè le centinaia di armi automatiche 
                              conquistate nell’ultima offensiva.  
                              
                              La necessità ci ha insegnato a combattere a mani 
                              vuote, ma presto combatteremo con le mani piene.
                               
                              
                              La rivoluzione avanza, la dittatura retrocede. 
                              
                              L’embargo delle armi dagli Stati Uniti si manterrà; 
                              l’acquisto degli strumenti in Israele è stato 
                              bloccato da nostri amici all’estero, dopo che era 
                              stato depositato già un milione di pesos. Il 
                              Governo si vede obbligato ad acquistare armi senza 
                              autorizzazione, come un volgare contrabbandiere. 
                               
                              
                              Il panorama non può essere più desolante.  
                               
                              
                              I giorni passano, le garanzie continuano ad essere 
                              sospese, la censura non si elimina. Parlano solo i 
                              politici più depravati, le cui voci non sono 
                              ascoltate da nessuno, le cui grida impotenti di 
                              uomini senza pudore nè prestigio, non sono sentite 
                              da nessuno, e contribuiscono solo a rendere più 
                              ripugnante e schifosa l’asfissiante atmosfera.
                               
                              
                              Batista non ha una via d’uscita possibile. 
                               
                              
                              Decide di restare?  Tanto peggio per lui e per l’ 
                              Esercito; la ribellione e la cospirazione si 
                              triplicherebbero.  
                              
                              Che decida d’andarsene, consegnando il potere alla 
                              pseudo opposizione che gli fa gioco.  
                              
                              Come potrebbe Batista consegnare il potere a Grau, 
                              nel mezzo di una guerra civile, dopo aver detto ai 
                              soldati per sette anni che il colpo del 10 di 
                              Marzo era stato una necessità di fronte all’anarchia 
                              e alle aggressioni dei governi autentici alle 
                              Forze Armate?  
                              
                              E  che Márquez Sterling ha sempre meno voti di  
                              Grau.  
                              
                              Metteranno i soldati a riempire le urne a favore 
                              di Márquez Sterling?  
                              
                              Lei non crede che sarebbe il colmo della farsa, 
                              nel mezzo di tanto sangue sparso? Per questo hanno 
                              fatto morire tanti soldati? 
                              
                              Il popolo non accetterebbe mai il risultato di 
                              queste elezioni in cui sono assenti le forze 
                              maggioritarie e sane del paese, per mancanza di 
                              garanzie, il terrore e la mancanza generale di 
                              fiducia. Non esiste il diritto di condannare la 
                              nazione ad un governo dei peggiori. Tutti i nostri 
                              mali  si aggraverebbero; nessuno di questi 
                              politici avrebbe autorità per ristabilire la pace 
                              nel paese. Non riconosceremmo il risultato di 
                              queste elezioni che costituiscono una burla 
                              sanguinosa.  
                              
                              La Rivoluzione offre qualcosa di migliore e 
                              diverso per Cuba, come una speranza alla quale non 
                              possono essere insensibili questi stessi soldati 
                              che sono stati portati ad una guerra criminale ed 
                              ingiusta.  
                              
                              Quando i militari parlano di ordine, opponendosi 
                              ad un cambio brusco, pensano forse troppo al 
                              sangue che il popolo, in una giusta vendetta, 
                              potrebbe far versare alla caduta della tirannia. 
                               Ogni 
                              spettacolo di folla impazzita è deprimente e serve 
                              per screditare e incolpare le Rivoluzioni dei loro 
                              eccessi, ma i colpevoli dei disordini che accadono 
                              sono coloro che propugnano l’impunità del crimine 
                              e del delitto in generale, ed obbligano i popoli a 
                              vendicarsi con le sue stesse mani. 
                              
                              Molti militari sono preoccupati per questi 
                              disordini, ma non si sono mai preoccupati per gli 
                              omicidi in massa di infelici contadini, delle 
                              spaventose sevizie sofferte dai rivoluzionari 
                              nelle camere di tortura della polizia, dei crimini 
                              commessi in tutte le città e nei paesi dell’Isola 
                              dagli sbirri del regime e dai gangsters di 
                              Manferrer, soggetti usciti dalle prigioni, che con 
                              grande vergogna delle Forze Armate stanno 
                              esercitando le funzioni di ordine pubblico. Non 
                              hanno il diritto  adesso d’invocare l’ordine come 
                              uno scudo tra la vendetta del popolo e le teste 
                              dei colpevoli.  
                              
                               Gli 
                              uomini d’ordine non tollerano  il crimine e quelli 
                              che lo hanno tollerato per impotenza, devono 
                              accettare come inevitabili gli strappi dolorosi 
                              della Rivoluzione, che è una conseguenza del 
                              dispotismo, dell’ingiustizia e del crimine. 
                              
                              Nell’ora in cui lei analizza i nostri punti di 
                              vista, deve tener presenti le conseguenti 
                              considerazioni:   
                              
                              a) Le nostre colonne hanno l’ordine di continuare 
                              ad operare in maniera inalterabile se si produce 
                              qualsiasi colpo di Stato che non sia ispirato con 
                              un accordo tra militari e rivoluzionari, sulle 
                              basi contenute nel discorso che le aggiungo.
                               
                              
                              b) Non accetteremo il risultato delle elezioni del 
                              3 Novembre. 
                              
                              c) Siamo assolutamente sicuri che, se la lotta 
                              continuerà sino alle sue ultime conseguenze, 
                              l’intero paese  si rivoluzionerà e gli istituti 
                              militari saranno impotenti e non resisteranno.
                               
                              
                              Le parlo così perchè so che Lei apprezzerà molto 
                              di più la franchezza che la diplomazia. Per Lei 
                              questa comunicazione è rischiosa e non sarebbe, in 
                              nessun senso cavalleresco da parte mia, nè 
                              naturale in me, nascondere quello che penso.  Così 
                              Lei potrà stabilire se considera conveniente o 
                              meno proseguire il contatto.  
                              
                              Un’incontro per Lei è quasi impossibile. Per 
                              questo le scrivo con abbondanza su quello che le 
                              potrei esprimere personalmente.   
                              
                              Ma se lo considera indispensabile, si potrebbe 
                              ideare qualcosa come la restituzione di qualche 
                              ufficiale prigioniero (che non sia il Comandante 
                              Quevedo), nella sua zona, se le facilitassero 
                              l’opportunità.  
                              
                               Io 
                              credo che Lei non si debba esporre ad azioni che 
                              possano far ricadere l’attenzione sulla sua 
                              persona. Il suo amico civile, che è anche amico 
                              nostro, non sarebbe un buon contatto, perchè è 
                              molto segnalato. Anche se non tradirebbe mai nè 
                              lei nè noi, non sono sicuro che non si lascerebbe 
                              portare dall’emozione e che qualcosa potrebbe 
                              filtrare. 
                              
                              Una donna seria sarebbe il contatto più sicuro.
                               
                              
                              Io sarò molto accurato nel vegliare per la sua 
                              sicurezza. Qualsiasi sarà il risultato, Lei potrà 
                              sempre contare con la mia più assoluta discrezione 
                              d’avversario leale.  
                              
                              Se si decide ad assumere la responsabilità di un 
                              movimento rivoluzionario nel seno dell’Esercito, 
                              per ottenere la pace su basi giuste e benefiche 
                              per la Patria, potrà contare con vari comandanti 
                              tra quelli che stanno al comando dei battaglioni, 
                              e lei sa bene chi potrebbero essere, come  sa 
                              anche chi sono quelli che deve arrestare senza 
                              dare loro tempo per fare nulla, e che sicuramente 
                              contano sull’antipatia  unanime delle truppe. 
                              
                              Il suo nome è rispettato e opererebbe come una 
                              molla tra ufficiali e soldati che aspettano 
                              solamente un uomo risoluto. Potrebbe assicurare il 
                              sequestro di alcuni veicoli blindati e anche di 
                              aerei a terra. Lei avrà rapporti migliori di 
                              quelli che ho io. Le truppe situate poi in luoghi 
                              diversi dagli abituali, possono disorientare 
                              l’azione del resto della Forza Aerea.  
                              
                              Un’azione nel tardo pomeriggio le permetterebbe di 
                              disporre di molte ore per prendere disposizioni. 
                              
                              Lei teme che attacchino con bombe qualsiasi città, 
                              ma se si occupano varie città nello stesso tempo, 
                              il pericolo degli attacchi aerei si diluisce.
                               
                              
                              Noi non abbiamo mai proposto che i militari 
                              passino nelle nostre fila, ma che sviluppino 
                              un’azione rivoluzionaria nel seno dell’Esercito, 
                              che contribuisca a mettere fine alla tirannia e ad 
                              ottenere la pace, a beneficio della nazione, che è 
                              l’unica alla quale i soldati devono lealtà. 
                               
                              
                              L’Esercito inoltre  necessita un gesto che lo 
                              rivendichi agli occhi della nazione per la sua 
                              complicità con la Dittatura. 
                              
                              L’ufficialità lo necessita più di tutti. Osservi 
                              quello che è avvenuto con l’ufficialità dell’Esercito 
                              alla caduta di Machado: gli stessi soldati li 
                              espulsero con la motivazione che non avevano 
                              morale per comandarli. Nessuno provava molto 
                              rispetto  per quegli uomini spogliati delle loro 
                              uniformi e dei loro gradi. 
                              
                              Io le assicuro che in questa tappa sono avvenute 
                              molte cose più gravi che nel “Machadato”. 
                               
                              
                              Ma so anche che Lei potrebbe contare con altri 
                              capi e con le loro unità, se Lei lo desidera, e 
                              sono sicuro che il suo battaglione sarebbe più che 
                              sufficiente per impadronirsi della cupola delle 
                              operazioni.  Tutto è questione di sorpresa e 
                              rapidità. 
                              
                               Noi possiamo concentrare con alcuna rapidità uno 
                              o due battaglioni in qualsiasi punto tra 
                              Manzanillo e Santiago di Cuba. 
                              
                              Io al suo posto mi metterei in contatto con pochi 
                              capi, tra quelli che offrono maggior sicurezza e 
                              agirei con le truppe direttamente al mio comando, 
                              per far sì che gli altri le assecondino. 
                               
                              
                              Potranno occupare in una notte quasi tutte le 
                              città e i paesi situati nei due punti 
                              precedentemente citati. Il giorno dopo, può essere 
                              sicuro che i generali avranno abbandonato Columbia.
                               
                              
                              Questo sì: prenda tutte le precauzioni e non si 
                              faccia trascinare da uomini che non hanno il 
                              coraggio, il carattere, nè la sua intelligenza.
                               
                              
                              Speriamo che queste righe servano a qualcosa.
                               
                              
                              Io, da parte mia, non smetterò di provare alcune 
                              nostalgie quando questa lotta si sarà conclusa. 
                              
                              Fraternamente. Fidel Castro. 
                              
                              Pubblicando questa lettera, Gina spiega: 
                              
                              Mentre a L’Avana la marcia delle conversazione con 
                              i militari si sviluppava abbastanza lentamente, 
                              nella  Sierra Maestra, il Comandante in Capo, 
                              Fidel Castro, spiegava tuta la sua strategia, 
                              facendo richiami  alla coscienza patriottica dei 
                              militari, con un documento che diceva: 
                              
                              - Sierra Maestra, 23 ottobre del 1958. Ore 10.00
                               
                              
                               Stimati compatrioti: 
                              
                              Sono stato informato dei contatti, anche se ho 
                              l’impressione che non avete ancora elaborato un 
                              piano concreto.  
                              
                              Io considero che l’importante è avere il senso 
                              delle possibilità, Quasi tutti i vostri movimenti 
                              sono falliti per la mancanza di questo senso. 
                               
                              
                              Vengono scoperti mentre si  tenta d’ampliarli,
                               
                              
                              Questo avrebbe più giustificazioni se non ci fosse 
                              un processo rivoluzionario tanto avanzato. 
                               
                              
                              Oggi, una sola compagnia che si ribelli, con una 
                              mezza dozzina di ufficiali che abbraccino la causa 
                              della Rivoluzione, sarebbe un colpo morale 
                              disastroso per la Dittatura e, con lo stato 
                              attuale di scontento, non sarebbe difficile che 
                              tutto l’esercito lo seguisse in poche settimane.        
                               
                              
                              Io vi posso assicurare che un numero infinito di 
                              militari è disponibile ad unirsi alla causa 
                              rivoluzionaria, ma aspettano che sia un altro a 
                              fare il primo passo.  
                              
                              Temo che voi commettiate l’errore di voler 
                              eseguire un movimento vasto e sicuro, che risulta 
                              molto difficile e non è la tattica corretta.
                               
                              
                              I militari cubani hanno titubato molto. 
                               
                              
                              Quella mancanza commessa dagli ufficiali dell’Esercito 
                              sotto il regime di Machado, è costata  la perdita 
                              totale dell’autorità.  
                              
                              Gli stessi soldati dopo non volevano perdonare la 
                              passività con cui avevano accettato quello stato 
                              di cose.  
                              
                              Batista è riuscito a controllare l’Esercito con 
                              una dozzina di scioperati e assassini.  
                              
                              È vergognoso che per un falso senso dello spirito 
                              di corpo, uomini onorevoli sono stati obbligati ad 
                              obbedire agli ordini di quegli assassini. Sono 
                              sicuro che non pensavano in quello quando sono 
                              entrati nella Scuola dei Cadetti.  
                              
                              Un militare realmente onorato, se lo pensa bene, 
                              non combatterebbe mai per un regime che viola le 
                              donne, tortura i cittadini e assassina anche i 
                              prigionieri di guerra feriti.  
                              
                              E quando l’Esercito, per inerzia, per impotenza o 
                              per qualsiasi ragione deve difendere   
                              
                              questo regime, la cosa corretta è abbandonare le 
                              sue fila.   
                              
                              L’Esercito è stato trasformato da  Batista in una 
                              macchia nazionale di vizio, di corruzione e di 
                              crimine. Vale la pena sacrificare una sola vita 
                              giovane e preziosa per una causa indegna? 
                               
                              
                              I Capi e gli Ufficiali dell’Esercito passano, ma 
                              la Repubblica resta.   
                              
                              Quel che è permanente è la Patria.  
                              
                              L’Esercito si può rinnovare, cambiare, depurare, 
                              perchè la sua unica funzione dev’essere servire il 
                              Paese. 
                              
                              Che cosa aspettano gli ufficiali giovani a 
                              rivelarsi? Che vincolo storico o morale li può 
                              legare a  Batista, Tabernilla, Chaviano, Meroc 
                              Sosa, Ugalde Carrillo, Pilar García Ventura e gli 
                              altri padrini degli istituti armati?   
                              
                              Non comprendono che li hanno trasformati nello 
                              strumento del più stupido e sanguinario regime 
                              sofferto da Cuba e che di fronte al Popolo e alla 
                              Storia li stanno trasformando anche in complici?
                               
                              
                              Perchè rivoluzionari e militari onorevoli non ci 
                              possiamo unire?  
                              
                              Forse non scorre lo stesso sangue cubano nelle 
                              vene dei militari e dei ribelli?  
                              
                              Forse non ci siamo abbracciati dopo una battaglia 
                              vittoriosa, come a El Jigüe? 
                              
                              Perchè non ci diamo questo abbraccio prima, 
                              salviamo vite preziose e combattiamo  insieme nel 
                              bene della Patria contro i malvagi che 
                              l’opprimono?  
                              
                              La storia condannerà dei militari degni che hanno 
                              fatto questo passo?  
                              
                              Il popolo condannerà che militari onorati girono 
                              le loro armi contro la  Tirannia?  
                              
                              NO!  
                              
                              I militari che hanno la grandezza in quest’ora di 
                              porre le proprie armi al fianco del Popolo, 
                              meriteranno una speciale gratitudine dalla Patria. 
                              
                              Non va tralasciata l’esortazione che vi faccio, di 
                              agire dentro le possibilità reali su cui si può 
                              contare,  di non dilatare le azioni e soprattutto 
                              di non farvi arrestare senza opporre resistenza, 
                              per cui si dovete prendere tutte le misure 
                              provvisorie che esigono le circostanze. 
                               
                              
                              Non ci si può far arrestare da Meroc Sosa e dai 
                              suoi sbirri, che non hanno il vostro valore e la 
                              vostra dignità. 
                              
                               Fraternamente, Fidel Castro Ruz. 
                              
                              Guillermo García, giovane contadino della Sierra, 
                              audace e intelligente, era un membro del Movimento 
                              26 de Luglio,  che  prestò rilevanti servizi a 
                              tutti nel distaccamento. Fu il nostro primo 
                              contatto. Suo padre fu il primo contadino che ci 
                              visitò in piena boscaglia,  dove ci portò del cibo 
                              fumante. 
                              
                               
                              
                              Gli dissi un nome qualsiasi, ma lui guardava 
                              insistentemente un berretto verde su cui io avevo 
                              una stellina dorata, di quando non avevamo altro 
                              che due fucili.  
                              
                              Com’è logico disse alcuni aneddoti sulla stellina, 
                              ma anche cosi non ricordo il nome che gli diedi, 
                              e... che faceva Guillermo?  Era il migliore e più 
                              attento amico dei militari, li attendeva, prestava 
                              loro qualsiasi servizio.  
                              
                              Lui mi chiese di non passare la linea nemica la 
                              notte successiva, perchè i soldati si stavano 
                              preparando per ritirarsi il giorno dopo. 
                              
                               Io 
                              davvero avevo fiducia in lui, ma, quando se ne 
                              andava, mi sistemavo in un altro punto per 
                              vigilare i suoi passi. Grazie a lui riuscimmo a 
                              recuperare 11 armi addizionali, quasi tutte con il 
                              mirino telescopico. 
                              
                              La nostra prima vittoria su un piccolo 
                              distaccamento nemico la realizzammo con 18 armi 
                              delle nostre, e ne riscattammo nel primo 
                              combattimento altre 12, senza un solo graffio 
                              nelle nostre fila. 
                              
                              Quasi  esattamente 2 anni dopo, conquistammo circa 
                              centomila armi alla tirannia.  
                              
                              Le nostre forze, con Camilo e il Che erano 
                              avanzate verso il centro del paese.  
                              
                              Il Primo Gennaio all’alba giunse la notizia della 
                              fuga del tiranno e loro che erano impegnati nel 
                              compito di far arrendere le forze di Santa Clara, 
                              ricevettero istruzioni d’avanzare rapidamente con 
                              veicoli a motore per l’arteria centrale: il primo 
                              verso l’Accampamento di Columbia nella capitale e 
                              il secondo verso la Fortezza della Cabaña, senza 
                              fermarsi a combattere contro forze nemiche isolate 
                              nel cammino.  
                              
                              L’esplosione popolare era tanto forte che nessuna 
                              era in condizione di combattere. 
                              
                              Quello stesso giorno prendemmo la città di 
                              Santiago di Cuba, difesa da numerosi battaglioni 
                              nemici, senza sparare un solo colpo, evitando una 
                              battaglia attorno e dentro alla città, che poteva 
                              durare 5 giorni con crescente intensità. 
                               
                              
                              L’avversario chiese di parlamentare e smise di 
                              resistere.  
                              
                              Nè Camacho, nè altri potevano immaginare che il 
                              piccolo esercito della Sierra Maestra avrebbe 
                              sconfitto il poderoso esercito della tirannia, 
                              preparato rigorosamente dai più esperti del mondo 
                              in materia di repressione e spionaggio. 
                              
                              Camacho Aguilera, cospiratore coraggio e costante, 
                              visitava in automobili sempre guidate da donne, le 
                              discrete case degli ufficiali nei quali, secondo 
                              le sue relazioni, poteva avere fiducia, situate 
                              nella Caserma Generale di Columbia. 
                              
                              Di Lidia e Clodomira, che avevano contatti in 
                              alcuna forma con ufficiali dell’esercito, non 
                              restò alcuna traccia dopo che furono arrestate e 
                              per molti mesi restammo in montagna senza loro 
                              notizie.    
                              
                              Mi resterebbe da raccontare solo che quel 3 
                              gennaio, con un distaccamento di soli 30 uomini, 
                              che non potevo ridurre ulteriormente, mi riunii 
                              nella città di Bayamo con circa  3000 soldati e 
                              ufficiali delle truppe scelte dell’Esercito di 
                              Batista, che portavano tutte le loro armi,  le 
                              mitragliatrici, i cannoni pesanti, carri da 
                              combattimento e carri armati.  
                              
                              In nessun luogo mi avevano ricevuto con tanto 
                              entusiasmo come in quel punto.   
                              
                              Non stavano ricevendo qualcuno che avrebbe preso 
                              il potere dopo un colpo di Stato, nè un politico 
                              che aveva ottenuto la vittoria  in un’elezione, ma 
                              un combattente di pensiero molto diverso dal loro 
                              che, senza dubbio aveva curato tutti i feriti e 
                              rispettato la vita di centinaia di prigionieri; 
                              che non permise mai la tortura di nessuno di loro, 
                              nonostante i ripugnanti e odiosi crimini che la 
                              tirannia di Batista aveva imposto alle Forze 
                              Armate.  
                              
                              Una gran parte di quegli uomini erano ufficiali 
                              diplomati in accademie e sottoufficiali ben 
                              addestrati.  
                              
                              Mi sarebbe piaciuto che molti s’incorporassero 
                              alla società, però c’erano già due tipi di cubani 
                              irriconciliabili dopo le uccisioni e le torture 
                              commesse dall’apparato di repressione dell’odioso 
                              regime: i militari e i ribelli.  
                              
                              Ed era un fatto assolutamente insolubile. 
                               
                               
                              
                              Documenti essenziali che citano quei fatti si 
                              trovavano negli archivi di Batista e furono presi 
                              dalle nostre truppe nello stesso Quartiere 
                              Generale della tirannia. (Traduzione Gioia Minuti).
                               
                              
                              La storia di una gesta liberatrice nel Memoriale 
                              José Martí 
                              
                              È stato presentato a L’Avana il libro “La storia 
                              di  gesta liberatrici, 1952-1958”, della 
                              combattente rivoluzionaria Georgina Leyva Pagán, 
                              stampato nella sua seconda edizione. 
                              
                              Un prologo del Comandante in Capo Fidel Castro Ruz 
                              introduce alla lettura di questo libro della combattente  
                              rivoluzionaria Georgina Leyva Pagán, presentato 
                              nel Memoriale José Martí, a L’Avana. 
                               
                              
                              Con la presenza del Comandante della Rivoluzione 
                              Guillermo García Frías; José Ramón Balaguer 
                              Cabrera, membro della Segreteria del Comitato 
                              Centrale del Partito; i membri del Comitato 
                              Centrale Julio Camacho Aguilera, Rolando Alfonso 
                              Borges e Miguel Barnet, presidente della UNEAC; 
                              José Ramón Fernández Álvarez e Abel Prieto 
                              Jiménez, assessori del Presidente dei Consigli di 
                              Stato e dei Ministri; il ministro di Cultura, 
                              Rafael Bernal e Georgina Leyva Pagán, protagonista 
                              e autrice della storia che si racconta, è stato 
                              presentato questo volume  dedicato a Guantánamo, 
                              territorio dove iniziarono l’insurrezione molto 
                              combattenti che poi entrarono nella fila del 
                              Movimento Rivoluzionario 26 di Luglio e nell’Esercito 
                              Ribelle, come in altri fronti della clandestinità.
                               
                              
                              Questa testimonianza è di grande valore e vi 
                              affiorano dati inediti che permettono di chiarire 
                              alcuni passaggi della storia - che non erano stati 
                              rigorosamente raccolti - e permetteranno al 
                              lettore di conoscere, partendo dagli aneddoti, 
                              l’operato di un gruppo di uomini e di donne cubani 
                              che decisero nel pieno della gioventù e nelle più 
                              difficili condizioni, di  cambiare la rotta 
                              economica, politica e sociale della Patria. 
                               
                              
                              In queste pagine si segnala  la crescita 
                              rivoluzionaria  del  Comandante dell’ Esercito 
                              Ribelle Camacho Aguilera, leader di un gruppo 
                              guerrigliero di Guantánamo e compagno della vita 
                              della scrittrice. Nel  prologo di Fidel si può 
                              confermare il suo atteggiamento etico di fronte al 
                              nemico, dato che spiega com’erano trattati i 
                              prigionieri e le costanti azioni per evitare 
                              ulteriori spargimenti di sangue durante la lotta 
                              rivoluzionaria contro l’esercito della tirannia di 
                              Batista. 
                              
                              “Questo libro, ha detto l’editrice Neyda 
                              Izquierdo, Premio Nazionale per le Edizioni  2013 
                              è un contributo alla memoria storica della nostra 
                              Cuba, dove si offre questo scritto per trasmettere 
                              i dettagli su fatti avvenuti nella tappa delle 
                              gesta  rivoluzionarie, con i sacrifici dei 
                              protagonisti e la consacrazione alla lotta per 
                              conquistare la vittoria.  
                              
                              “Il Comandante in Capo, con il suo prologo 
                              arricchisce il mio umile libro”, ha detto Georgina 
                              Leyva.  
                              
                              Hanno partecipato alla serata, in qualità di 
                              presentatori, Eugenio Suárez Pérez, direttore dell’Ufficio dei 
                              Temi Storici del Consiglio di Stato e Juan Carlos 
                              Santana Molina, direttore della casa editrice 
                              Nuevo Milenio, che ha pubblicato il libro.  |