La vittoria strategica
La Battaglia di Jigüe, il combattimento contro i
rinforzi
(Capitolo 18)
Fidel Castro Ruz
Durante i primi sei giorni della Battaglia di
Jigüe, mentre si sviluppavano le azioni
iniziali nell’accerchiamento e i due
combattimenti di Guillermo García al fiume La
Plata, le forze ribelli, concentrate a Purialón
in attesa dei rinforzi che dovevano giungere
dalla spiaggia in appoggio delle truppe
assediate, erano rimaste quasi tutto il tempo
oziose.
Ebbero l’occasione d’agire solamente nei giorni
15 e 16 luglio nella cattura della maggior parte
delle guardie scappate dalla seconda imboscata
di Guillermo il giorno 14. In
una di quelle scaramucce morì, il 15 luglio,
come ho già detto, il combattente Eugenio
Cedeño, Geño, del plotone di Lalo Sardiñas. In
realtà quasi tutti i soldati, prigionieri come
risultato di quel combattimento, furono
catturati dai nostri uomini a Purialón, così
come la maggioranza delle armi prese.
Al tramonto dello stesso mercoledì 16 di
luglio, Curuneaux mi informò, con una breve
nota, d’aver intercettato varie comunicazioni
nemiche, alcune delle quali indicavano che la
truppa concentrata sulla spiaggia aveva ricevuto
l’ordine d’avanzare in direzione di Jigüe per
rompere l’accerchiamento della forza assediata.
Non era chiaro se l’intenzione era rafforzarla
con la pretesa che compisse la sua missione
originale, cosa che a quel punto era decisamente
assurda, o, al contrario, aiutarla a scappare.
Il caso era che con quella notizia ricevemmo il
primo indizio concreto che il tanto atteso
rinforzo proveniente dalla spiaggia era già in
cammino.
Quella stessa notte trasmisi l’informazione ai
nostri tre capitani incaricati della linea di
contenimento del rinforzo nella zona di
Purialón. Stando all’interpretazione di
Curuneaux, si trattava di un battaglione nemico
che sarebbe avanzato dalla spiaggia. Per questo
nel mio messaggio per Cuevas, Lalo e Paz dicevo:
“Un battaglione non è niente per voi. A Santo
Domingo ne è stato distrutto uno con molti
uomini meno, e Paz ha respinto due volte
l’esercito con 8 uomini. Speriamo che mandino
un solo battaglione, così voi lo farete
prigioniero”.
In realtà il comando nemico non aveva disposto
l’invio di un battaglione ma della stessa
compagnia G-4 di retroguardia sulla spiaggia.
Ma questo lo sapemmo solo dopo il combattimento.
La nostra valutazione in quel momento era che
dal punto di vista del nemico doveva essere
ovvio, a quell’altezza, che ci voleva molto più
di un battaglione per giungere sino alla truppa
accerchiata ed avere alcune possibilità reali di
farla uscire di là. Per quello la notizia che si
trattava solo di un battaglione ci dava una
certa sicurezza, al punto che, nella risposta
che mandai a Curuneaux, gli dicevo fiducioso:
"Se hanno inviato solo un battaglione, questo
resta sul cammino”.
È utile sottolineare le istruzioni contenute in
un messaggio, per i capitani di Purialón, alla
luce di quanto successe dopo:
“È di somma importanza che il ruscello di
Manacas, che si trova nella parte al di là
dell’altura dove ritrova Paz sia occupato da noi
perchè non cerchino di fare il giro di là.
Considero conveniente rinforzare Paz con una
squadra per lo meno, che con alcuni uomini più i
suoi venga situata in questo ruscello a circa
seicento - ottocento metri del cammino.
Paz si deve mettere nel luogo più alto possibile
del punto che gli ho segnalato, trattando di far
sì che le guardie non entrino in contatto con
lui nei primi momenti e, nel caso, quelli del
ruscello Manacas devono attaccare sul fianco
le guardie che giungo dall’alto dove sta lui. La
cosa perfetta è che le guardie passino senza
scontrarsi con Paz e il combattimento cominci
quando cadono nell’imboscata di Lalo e Cuevas,
perchè siano circondate; sapete già quello che
succede in questi casi non c’è chi le venga a
togliere di là Lalo e Cuevas devono custodire
bene tutte le cime e le alture che potrebbero
cercare di prendere, per respingerle
completamente.
Non smettete di usare le mine sopratutto le
bombe da cento libbre.
Stabilite presto tutte le disposizioni per far
si che avanzi tempo. Non vi preoccupate di
nient’altro. Concentrate l’attenzione solo nel
vostro compito. È possibile che l’aereo mitragli
prima; questo li farà venire più fiduciosi”.
Alla fine dello steso documento chiarivo:
“ Voglio aggiungere che l’attacco sul fianco lo
può fare Paz dall’alto e gli uomini del ruscello
Manacas dal basso”.
A Raúl Podio appostato da due giorni sulla cima
di Gran Tierra, sulla destra del fiume
La Plata,
inviai quella notte un avviso dell’annunciato
movimento delle guardie e gli spiegai
dettagliatamente quello che doveva fare nel caso
in cui una parte della truppa di rinforzo
tentava d’avanzare per quella cima. La sostanza
delle sue istruzioni era che non poteva
retrocedere nemmeno di un passo e che ci poteva
riuscire se agiva con intelligenza e con
coraggio.
Il mio messaggio a Cuevas, Lalo e Paz
concludeva con queste parole, che indicavano la
mia aspirazione in quel momento e la fiducia che
potesse essere soddisfatta :
“Io non ho voluto muovere un solo uomo da lì
perchè il nostro proposito in questa battaglia
decisiva dev’essere molto ambizioso: non solo
far arrendere le truppa assediata, ma anche
distruggere i rinforzi.
Questa potrebbe essere la fine di Batista.
Molta serenità , molto coraggio e buona
fortuna”!
Quella stessa sicurezza si rifletteva nel
messaggio che inviai in quella stessa notte al
Che, che avevo sempre mantenuto informato sullo
sviluppo degli avvenimenti e che vale la pena
citare completamente perchè si abbia un’idea
precisa del nostro stato d’animo alla vigilia di
quello che consideravamo un combattimento
decisivo per il corso successivo della guerra:
“Al tramonto abbiamo intercettato un messaggio
dell’aereo al capo di un battaglione
apparentemente situato sulla spiaggia, che gli
diceva d’avanzare occupando i punti chiave,
ossia le alture e che proteggessero la fila dei
muli con un plotone.
Questa stessa notte avevo appena mandato un
messaggero a Cueva[s], Lalo e Paz informandoli
di questo. Contano tra tutti e tre, su 76
uomini bene armati con un morale altissimo di
lotta, buone posizioni e sono già prevenuti. In
poche occasioni precedenti, forse in nessuna,
abbiamo aspettato il nemico in migliori
condizioni.
Quello che più mi attrae di tutta questa
operazione è la distruzione dei rinforzi,
vengano da dove vogliono. Avendo la truppa
accerchiata al bordo del collasso - ed il
governo è obbligato a soccorrerla – noi dobbiamo
cercare di trasformare questa operazione in una
battaglia decisiva. L’esercito già non può fare
di più, è giunto in questi giorni al limite
delle sue potenzialità; più bombe, più
mitragliatrici, più missili, più napalm e più
mortai non si possono usare e nemmeno più
colonne. Si palpa la sua impotenza. Con te
sistemato al vertice di Mina e Camilo a la Plata,
con i rinforzi di Almeida e Ramirito a portata
di mano, non potremmo avere migliori
prospettive di vittoria.
Mi occupai di trasmettere la stessa fiducia a
Curuneaux , la cui partecipazione in tutta
l’operazione era tanto notevole, la mattina del
giorno in cui la truppa nemica della spiaggia
doveva già essere in movimento:
“Vediamo quale sarà il risultato della battaglia
contro i rinforzi. Se sconfiggiamo i rinforzi,
queste (le guardie accerchiate a Jigüe) si
arrenderanno totalmente e con poco sforzo da
parte nostra. Questa è l’opportunità di fare a
pezzi
la Dittatura
e potrebbe essere la sua caduta. Sono obbligati
a mandare rinforzi e i rinforzi li possiamo
annientare”.
Gli uomini della Compagnia G-4, comandati dal
capitano José Sánchez González, iniziarono la
loro avanzata dalla foce del fiume La Plata
alle 6.00 di mattina di giovedì 17 luglio. Erano
appoggiati nei loro movimenti dal fuuco della
fregata Máximo Gómez, situata di fronte alla
spiaggia, e dall’osservazione dell’aereo che
sorvolava costantemente la
zona.
Durante varie ore le guardie risalirono il fiume
ed i pendii laterali in quei luoghi dove la
pendenza permetteva l’avanzata, senza incontrare
resistenza ribelle.
Circa alle 11.00, dopo aver superato l’ampio
angolo del fiume a Purialón, l’avanguardia
nemica si scontrò con l’imboscata ribelle e
cominciò il combattimento. Gli uomini di Lalo e
di Cuevas lottarono fermamente nelle loro
posizioni, da dove non potevano essere cacciati
via dai fucilieri e dai mortai dell’esercito, e
presto cominciarono a provocare le prima vittime
tra le guardie. Di fatto dopo 15 minuti di
combattimento già i due primi plotoni della
compagnia erano restati totalmente disarticolati
e molte guardie fuggivano in maniera
disordinata.
Quella ritirata del resto delle truppe nemiche
fu possibile in gran misura perchè le forze
ribelli di Ramón Paz, posizionate nella cima di
Manacas, non si mossero durante il
combattimento. Per un errore d’interpretazione
dei miei ordini, Paz non realizzò l’indicazione
di scendere in direzione del fiume una volta
iniziata l’azione, con il proposito di chiudere
alla retroguardia il nemico, impedire la sua
ritirata e imbottigliarlo con un cinturone di
fuoco ribelle che lo ponesse nella situazione di
arrendersi interamente o d’essere distrutto
nella sua totalità. Per via di questo errore, la
prima azione a Purialón non provocò il disastro
previsto per l’Esercito. Su questo tema tornerò
in un momento.
Nonostante il contrattempo, il combattimento del
17 luglio a Purialón significò una notevole
vittoria ribelle. In primo luogo, si realizzò
l’obiettivo principale: fermare i rinforzi e
impedire che giungessero sino al battaglione
assediato a Jigüe.
In secondo luogo, anche se non realizzò , come
ho già detto, il proposito di distruggere il
detto rinforzo, è sicuro che
la Compagnía G-4
restò tanto disgregata che non contò più come
forza opposta. Il primo comunicato inviato da
Cuevas al nostro posto di comando nell’altura di
Cahuara, alle 14,20, nel pomeriggio, riferiva le
cifre di 12 guardie morte e 14 prigioniere. Il
conteggio finale degli uomini catturati,
indubbiamente si elevò a 24. Ci fu un certo
numero di feriti evacuati dai soldati nella loro
ritirata.
In terzo luogo, andava segnalato il bottino
ottenuto in quel primo combattimento contro i
rinforzi. Restarono in nostro potere niente
meno che 34 armi lunghe: 17 fucili Springfield,
10 carabine San Cristóbal, 4 fucili
semiautomatici Garand, due fucili mitragliatori
Browning e una mitragliatrice a tripode calibro
30, oltre a 18.000 pallottole e 48 granate di
fucile. Caddero inoltre nelle nostre mani quasi
tutti i rifornimenti per alleviare la situazione
del battaglione accerchiato che la compagnia
trasportava sul dorso dei muli.
I ribelli non ebbero nemmeno un ferito in quel
combattimento, indicando così la qualità delle
posizioni preparate da Lalo e Cuevas per
l’imboscata.
Dalle prime informazioni ricevute, mi resi
conto che l’operazione non aveva funzionato come
era stata pianificata. Al principio decisi si
aspettare le notizie di Paz, perchè ero
convinto che un capo tanto responsabile,
capace e deciso come lui avrebbe compiuto
letteralmente la sua missione, e che, forse,
quello che era accaduto era che aveva fermato le
guardie molto più in basso, senza il tempo
d’informare il risultato. Senza dubbio nel
trascorrere della notte, quando ricevetti il
comunicato di Paz, fu chiaro che il successo
completo dell’operazione non era stato
possibile per via dell’inazione di questa forza
ribelle, che era una parte molto importante del
piano. Ma ero tanto persuaso delle condizioni di
questo capo, che la mattina seguente gli inviai
un messaggio nel quale gli dicevo che era
avvenuta apparentemente una confusione con gli
ordini, gli chiedevo che mi rimandasse il
messaggio della notte del 16 nel quale stavano
contenute le istruzioni per lui, a Cuevas e a
Lalo, e lo esortavo a non perdersi d’animo,
perchè ancora restavano molte cose da fare.
Paz mi rispose quello stesso pomeriggio, tra
addolorato e arrabbiato.
La sua risposta merita d’essere riferita:
“La realtà è che avevamo inteso che mi dovevo
situare più in alto, perchè lei sa che non sono
capace di fuggire da un combattimento, nè di
tralasciare di obbedire a un ordine suo, anche
se mi costasse la vita; perchè un uomo con la
mia convinzione non vuole vivre il giorno in cui
si sente indegno di vestire l’uniforme del
nostro glorioso esercito.
Adesso mi addolora il fatto che non ho potuto
raccogliere nemmeno un’arma ed ho 9 uomini
disarmati.
Mi mando ordini, ma che siano per andare a
combattere”.
Disgraziatamente, Paz aveva interpretato il mio
ordine della notte del 16, nel senso che si
situasse nella parte alta della cima e non si
muovesse di là in previsione che una parte della
truppa del rinforzo nemico avanzasse da quella
parte. Al suo messaggio io risposi di nuovo:
“Non devi dirmi quello che io so molto bene del
tuo coraggio, la capacità di lotta e di comando,
perchè lo hai saputo provare molte volte.
Ti ho chiesto la mia comunicazione per
assicurarmi della forma in cui l’avevo inviata,
perchè è mia la responsabilità di qualsiasi
errore che avviene (...)
La mia preoccupazione è che tu ti situassi nel
punto più alto del picco, pensando nella
convenienza che le guardie non prendessero
contatti conte prima che con Cuevas.
L’istruzione che aveva dato l’aereo era di
prendere i punti chiave. Noi avevamo preso le
debite precauzioni della situazione. Ci si
aspettava un attacco in regola e non l’invio di
una compagnia solitaria che veniva come stesse
sfilando per il Paseo del Prado. Sono cose
assurde, di quelle che fa il nemico”.
La mia intenzione era che si tagliasse per la
retroguardia, avanzando dalla tua altura e dal
ruscello Manacas. Se la colonna nemica fosse
stata molto lunga, l’attacco allora, più che di
retroguardia doveva essere di fianco.
La loro ritirata sembrò troppo rapida, anche
se una pattuglia situata nel ruscello Manacas
a 600 o 800 metri dal cammino avrebbe potuto
tagliarli a tempo.
Uomo di grande dignità, Paz era davvero molto
molesto con quello che era passato, ma volevo
che intendesse che per me era chiaro che
l’accaduto fu conseguenza di una cattiva
interpretazione del mio ordine, e che in nessun
momento avevo pensato che fosse il risultato di
un atteggiamento d’inerzia o vigliaccheria da
parte sua.
Quando lo lessi di nuovo pensai che forse
potevo spiegargli più chiaramente qual’era la
sua missione e avrei risparmiato quell’amarezza
ad un uomo così degno.
Con l’iniezione delle armi catturate fu
possibile armare quasi 40 nuovi combattenti, tra
quelli che chiesi ad Almeida e le reclute della
scuola di Minas de Frío. Gli uomini disarmati
dei plotoni di Cuevas e Lalo ricevettero anche
loro armi dopo il combattimento e si riuscì così
a rafforzare maggiormente la linea ribelle a
Purialón ed a muovere un gruppo di 15
combattenti verso le posizioni per completare
l’accerchiamento principale a Jigüe.
Noi ci abituammo di nuovo agli aerei che non
potevano, senza dubbio, attaccare gli uomini che
assediavano il battaglione, perchè erano
trincerati troppo vicino alle loro posizioni.
Contro la truppa assediata si utilizzarono
molti elementi d’azione psicologica che
includevano altoparlanti, arringhe, lettere
prese ai rinforzi si inviavano con qualche
prigioniero. Gli spari, includendone alcuni
della calibro 50, erano rigorosamente calcolato
e misurati. Alla fine restarono senz’acqua e
senza alimenti.
Di fronte al disastro sofferto il 17 luglio con
il primo tentativo di rinforzo del Battaglione
18, il comando nemico cominciò a prepararsi, il
giorno seguente, per un nuovo movimento.
Stavolta affidò la missione al detto
Battaglione Los Livianos, comandato dal
capitano Noelio Montero Díaz. Si trattava di una
forza di scontro, integrata dalle Compagnie I,
K e L della Divisione de Fanteria, con sede
nell’accampamento di Columbia, che sino a quel
momento avevano agito nella zona di operazioni
come compagnie indipendenti, alle quali si
sommarono i resti che riuscirono a salvarsi
della Compagnia G-4. Quel contingente non solo
era Molto più numeroso, ma anche meglio
preparato ed equipaggiato della compagnia
sbaragliata nel combattimento del giorno 17. Era
l’asso nella manica del nemico in quella
operazione, con cui pensavano, illudendosi, che
potevano togliere il battaglione dal sua
disperata situazione.
Quello stesso giorno
sbarcò a
La Plata
la maggior parte degli elementi del battaglione,
più diversi pezzi d’artiglieria di 75
millimetri.
Grazie ai nostri apparecchi di comunicazione
potevamo intercettare tutte le comunicazioni
nemiche relazionate con la preparazione di quel
secondo e decisivo rinforzo. Quel giorno
ratificai ai tre capitani di Purialón gli
ordeni precedenti ed avvisai anche Podio che
era imminente il nuovo tentativo nemico.
Los Livianos partirono dalla spiaggia La Plata
poco dopo l’alba di sabato 19 luglio, e
cominciarono a salire per il cammino del fiume,
in un movimento quasi identico a quello
realizzato due giorni prima dalla Compagnia G-4.
In
ogni caso, il capo del contingente spiegò un
poco di più i i fianchi, soprattutto il destro
per i pendii della gola di
La Plata.
Stavolta, senza dubbio, l’avanzata nemica
contava con l’appoggio martellante della
fregata, dei pezzi dell’artiglieria piazzati
sulla spiaggia e soprattutto con un raddoppiato
appoggio aereo. Fu indubbiamente il giorno di
maggior attività dell’aviazione durante tutta
la battaglia, e possibilmente una delle
giornate aeree più intense che vedemmo durante
tutta la guerra.
Un obiettivo speciale dell’aviazione erano le
posizioni in cui il comando nemico supponeva,
per le informazioni ricevute dagli ufficiali e
dai capi della compagnia decimata il giorno 17,
che si mantenesse l’imboscata ribelle sul fiume.
Dalle prime ore della mattina il mitragliamento
e il bombardamento sulla zona di Purialón furono
molto intensi.
Ma i nostri combattenti non si lasciarono
impressionare e mantennero le loro posizioni A
mezzogiorno circa poco prima dell’inizio del
combattimento una bomba da 250 kg.
scoppiò vicino alla trincea dove ritrovavano i
combattenti Victuro Acosta, detto il Bayamese,
e Francisco Luna, nella retroguardia delle
posizioni di Cuevas, e li uccise
istantaneamente.
Circa alle 14.00, nel primo pomeriggio,
l’avanguardia nemica si scontrò con gli uomini
di Cuevas a Purialón e si stabilì il
combattimento. Quella seconda azione contro i
rinforzi del Battaglione 18 fu una delle più
intense di tutta la guerra. Il nemico,
debitamente preparato ed avvertito, offerse una
resistenza tenace ed anche cercò in varie
occasioni di forzare le linee ribelli. Ma ogni
volta che le guardie riuscivano a riaggrupparsi
e tentare un attacco, erano respinte, con forti
perdite, dai combattenti di Cuevas e di Lalo.
Intanto Ramón Paz che come si ricorderà, era
posizionato sull’altura di Manacas in attesa
dell’inizio dell’azione, realizzò stavolta in
maniera impeccabile la manovra prevista dal
combattimento precedente e scendendo a tutta
velocità verso il fiume, chiuse per la
retroguardia il nemico. Simultaneamente, alcuni
degli uomini di Paz, situati a mezzo pendio
della cima di de Manacas, tentarono di fermare
l’avanzata di un plotone nemico in questo luogo,
ma in un momento determinato decisero di
ritirarsi si alcuni metri verso migliori
posizioni. Fu durante quel ripiegamento per un
pascolo senza ripari, che fu colpito e ucciso
dal fuoco delle guardie il combattente Roberto
Corría, del plotone di Paz.
Al tramonto, dopo più di tre ore di duro
combattimento, le guardie finalmente
cominciarono a dare segni di stanchezza e si
sentirono tra le loro fila grida di resa,
mescolate ai rumori sempre più rari del fuoco
nemico.
Interpretando forse che la truppa era
demoralizzata e in situazione di resa, con
l’impulso dato dall’ardore del combattimento, il
capitano Cuevas uscì dalla sua trincea e
cominciò ad avanzare verso le guardie per,
apparentemente, far precipitare la resa. Senza
dubbio, però, fatti solo alcuni passi, fu
raggiunto da una raffica dalle posizioni nemiche
e cadde senza vita.
La morte di Cuevas sconcertò momentaneamente i
combattenti ribelli e frustrò la probabile resa
in quello stesso pomeriggio del secondo
rinforzo. Fu un rovescio considerevole, perchè
si trattava di uno dei nostri capi tra i più
audaci ed efficaci. Come scrissi al Che per
informarlo dei risultati del primo giorno di
combattimento:
"[...] spero che le guardie abbiano sofferto
un’enorme danno, ma la morte di Cuevas ha reso
tutti tristi qui, e la quasi sicura vittoria ci
risulta amara”.
In quello stesso pomeriggio, dopo aver
conosciuto la notizia, emisi il seguente
ordine:
“Si nomina, postumo, al grado di Comandante
dell’Esercito Ribelle per il suo esemplare
comportamento militare ed il suo eroico valore,
il Capitano Andrés Cuevas, morto nel giorno di
oggi, mentre avanzava verso il nemico. D’ora in
avanti si pronuncerà il suo nome con il grado di
Comandante.
Che si marchi il luogo della sua sepoltura, per
costruire lì un obelisco che durerà per sempre,
con il ricordo indimenticabile di tutti i suoi
compagni d’ideali”.
L’ordine fu compiuto esattamente.
Oggi la Rivoluzione ha costruito a Purialón, a
pochi metri da dove Andrés Cuevas diede la vita
combattendo davanti al nemico, un bel monumento
in memoria di colui che fu uno dei più
agguerriti combattenti e dei più capaci capi
dell’ Esercito Ribelle.
Quello stesso pomeriggio, dopo il ricevimento
dei primi comunicati di Lalo Sardiñas, disposi
l’invio a Purialón di un gruppo di più di 20
combattenti disarmati appena giunti, comandati
da René de los Santos, con l’intenzione di
equipaggiarli con parte delle armi conquistate.
Comunicai a Lalo di mettere il plotone di
Cuevas agli ordini del combattente Antonio
Sánchez Díaz, conosciuto come Pinares, che era
il secondo al comando di quella forza.
Dopo aver valutato la situazione sulla base
delle informazioni ricevute. nella notte passai
le seguenti istruzioni a Lalo Sardiñas:
“Questo è un momento decisivo. I compagni
devono riempirsi di valore, nonostante le
perdite. Se retrocediamo, perderemo
l’opportunità di scrivere una delle pagine più
gloriose della storia di Cuba; se i nostri
uomini resistono, questo esercito non potrà
avanzare e Batista sarà perduto.
Confido in te che sei coraggioso e hai
intelligenza per affrontare la situazione. Se
gli uomini cominciano la giornata di domani
vicino alle guardie, gli aerei non potranno
bombardarli; se continuano a mitragliare lungo
il fiume, gli uomini si possono appartare dal
cammino, ma con precauzione, per tagliare
l’avanzata alle guardie, se cercano di
realizzarla.
[...]
Se in qualsiasi circostanza si dovesse perdere
terreno, si dovrà resistere fermamente un poco
più in qua. In nessuna forma deve restare libero
il cammino per il nemico. Io sono sicuro che con
il danno che voi le avete provocato, oggi quella
truppa non avanzerà. Molto animo e molto valore,
che questa è un’opportunità per tutti voi, per
scrivere una pagina nella Storia!”
Il bilancio provvisorio del combattimento
all’alba di domenica 20 luglio era di sette
morti e 21 prigionieri nemici più 20 armi e una
buona quantità di munizioni calibro 30.06; per
la parte ribelle, quattro morti: Cuevas, Acosta,
Luna e Corría e altrettanti feriti Il secondo
giorno di combattimento, gli uomini di Lalo e
Pinares, che avevano avvicinato le loro
posizioni a quelle delle guardie durante la
notte, respinsero nuovamente la mattina un
debole tentativo di rompere l’accerchiamento
ribelle.
Gli uomini di Paz, da parte loro, continuarono a
fare pressione dalla retroguardia, anche se
durante la notte molte guardie riuscirono a
scappare verso la spiaggia. A mezzogiorno, quasi
24 ore dall’inizio del combattimento, tutta la
resistenza era terminata. Il totale dei morti
nemici era di 17 e restarono nelle nostre mani
14 fucili San Cristóbal, 10 fucili Garand, due
casse di obici di mortaio calibro 81 ed un
gruppo di muli con tutti i rifornimenti.
Ma il risultato più significativo era che il
secondo ed ultimo rinforzo per il battaglione
accerchiato a Jigüe era stato respinto. A
partire da quel momento, la sorte di quella
truppa era definitivamente segnata e con lei,
forse, pensavamo tutti, anche la sorte finale
della tirannia batistiana.
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