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LA VITTORIA
STRATEGICA
La situazione generale del
paese e della lotta rivoluzionaria nel
maggio del 1958
• Partendo dalla grande domanda
popolare, Granma Internacional in Italiano •
Comincerà, a partire da sabato 28 agosto, a
pubblicare per capitoli, il libro La vittoria
strategica, del Comandante in Capo
Fidel Castro
(Capitolo 1º)
La grande offensiva nemica contro il Primo Fronte
dell’Esercito Ribelle sulla Sierra Maestra fu lo
sforzo organizzato più ambizioso e meglio
preparato delle Forze Armate del regime di
Fulgencio Batista per sconfiggere l’Esercito
Ribelle.
Si svolse quando era già trascorso un anno e mezzo
di guerra rivoluzionaria nelle montagne della
Sierra Maestra. Sarebbe conveniente iniziare
questo relato con un rapido esame della situazione
generale del paese nel maggio del 1958, per
comprendere meglio il contesto in cui si sviluppò
la grande operazione che l’Esercito della
tirannia considerava definitiva e finale.
Fidel e il Che sulla Sierra Maestra.
Al di fuori dell’ambito specifico della Sierra
Maestra, nel primo anno di guerra si era prodotto
nel paese un marcato incremento del clima
d’insurrrezione.
Durante i primi mesi del 1957, mentre si
consolidava la nostra guerriglia sulle montagna,
avvenne un dinamico processo di riorganizzazione
dell’apparato clandestino del Movimento 26 di
luglio nelle città e di rafforzamento della sua
azione, grazie allo stimolo dell’attività di
Frank País, che era, a Santiago di Cuba, il
responsabile nazionale
dell’azione del Movimento in quel periodo e, di
fatto, come suo dirigente clandestino dopo gli
arresti di Faustino Pérez e Armando Hart, in marzo
e aprile, rispettivamente.
In quel lavoro di Frank furono notevoli i suoi
risultati nel riorientamento dei gruppi d’azione
del Movimento, nell’organizzazione della lotta nel
settore operaio e nella strutturazione della
resistenza civica. Una delle priorità
dell’attività di Frank durante le
ultime settimane della sua vita fu l’impulso dato
alla sezione operaia del Movimento, che, nel
nostro concetto rivoluzionario, quando avvenne
l’attacco alla Moncada, doveva essere la stoccata
finale contro la tirannia, dopo il sollevamento e
la distribuzione di armi nella città di Santiago
di Cuba. La guerra nelle montagne era
l’alternativa se il richiamo allo sciopero non
avesse avuto successo.
Uno dei colpi maggiori per il Movimento e per la
lotta rivoluzionaria in Cuba avvenne nel primo
anno di guerra, il 30 luglio del 1957, quando
Frank País fu catturato a Santiago e assassinato
nella strada. La morte di Frank provocò una
reazione popolare spontanea di tale importanza
che la città restò virtualmente paralizzata per
vari giorni. Il funerale del giovane combattente
si trasformò nella manifestazione di ribellione
più grande della storia santiaghera sino a quel
momento, ed in un’espressione eloquente della
condanna generale contro il regime e del
sentimiento di ribellione della popolazione di
Santiago. Quello che avvenne in quel giorno
dimostrò che quella città di grande tradizione
patriottica si sarenne sollevata se il 26 di
luglio del 1953 avessimo occupato la caserma
Moncada.
Un altro fatto che commosse l’opinione pubblica
nazionale e scosse fortemente il regime tirannico
fu il sollevamento del 5 settembre del 1957
della dotazione navale di Cienfuegos, con la
direzione del nostro Movimento. I ribelli
riuscirono a dominare la Base Navale di Cayo Loco
e, con la partecipazione delle milizie del
Movimento 26 di Luglio e di numerosi cittadini
disposti a lottare con le armi distribuite al
popolo, cominciarono a combattere in distintos
punti della città. Durante ttutta quella giornata
e per gran parte della notte, si lottò per le
strade di Cienfuegos, sino a che, vinti gli ultimi
fuochi di resistenza popolare grazie ai poderosos
rinforzi inviati da Santa Clara, Matanzas,
Camagüey e L’Avana, la città si svegliò il giorno
6 di nuovo nelle mani del nemico.
Alla metà di luglio del 1957, dopo il sanguinoso
Combattimento di Uvero, dove ci impossessammo di
un gran numero di armi, decidemmo di creare la
Colonna 4, comandata da Ernesto Guevara. Il Che si
era distinto in quella dura battaglia. Era il
capitano medico dei partecipanti alla spedizione.
Con una piccola scorta curò ed prestò assistenza
ai nostri feriti. Fu il primo ufficiale nominato
Comandante.
Il fallimento del primo tentativo di offensiva
generale contro l’incipientem Esercito Ribelle
creò uno stato di frustrazione nei comandi
militari della tirannia, e la conseguenza
immediata fu la recrudescenza della più spietata
repressione contro la popolazione contadina della
Sierra Maestra.
Nel febbraio del 1958, l’Esercito Ribelle era
nelle condizioni di passare ad una tappa superiore
di sviluppo ed anche ad un nuovo periodo nella
guerra, considerando l’esperienza e le conoscenze
acquisite.
Nei primi giorni di marzo del 1958 partirono da
La Mesa, nella Sierra Maestra, due nuove colonne
ribelli designate con i numeri 6 e 3, comandate da
due nuovi comandanti, Raúl Castro Ruz e Juan
Almeida Bosque, tutti e due combattenti della
Moncada e membri della spedizione del Granma,
recentemente promossi. Uno aveva la missione di
creare il Secondo Fronte Orientale Frank País, e
l’altro, il Terzo Fronte Mario Muñoz Monroy, nelle
prossimità di Santiago di Cuba. Insieme contavano
su circa 100 combattenti della Colunna 1, buoni
plotoni e squadre, e buone armi. L’Esercito
Ribelle cresceva in uomini, esperienza e
qualità.
Come l’Araba Fenice era resuscitato dalle sue
ceneri.
Durante i mesi di febbraio e marzo del 1958, mi
trovai nella necessità di dedicare attenzione ad
un flusso crescente di giornalisti, cubani e
stranieri, giunti sulla Sierra. La nostra lotta
sulle montagne in Oriente era già motivo
d’interesse nel mondo. Tra i visitatori ricevuti,
l’ argentino Jorge Ricardo Masetti, poi autore di
un bel libro sulla nostra lotta; l’equadoriano
Ricardo Bastidas, assassinato dai corpi di
repressione della tirannia batistiana; il
messicano Manuel Camín e l’uruguaiano Carlos
María Gutiérrez, che pubblicarono buoni reportages
nella stampa dei loro paesi; lo spagnolo Enrique
Meneses, autore di alcune delle fotografie
emblematiche della lotta nella Sierra; i
nordamericani Homer Bigart, Ray Brennan e altri.
Nella stessa epoca trascorse varie settimane tra
i nostri combattenti il giornalista e cameraman
Eduardo Hernández, molto conosciuto in Cuba per il
suo soprannome di Guayo, che fu il primo cubano
che filmò scene della nostra lotta.
Durante i mesi iniziali del 1958, mentre si
consolidava la lotta guerrigliera ed avveniva un
cambio qualitativo della guerra, si manteneva in
ascesa il clima insurrezionale nel resto del
paese. Il decisivo stimolo apportato dalle
sostenute vittorie dei ribelli, il progressivo
rafforzamento dei meccanismi organizzativi e
funzionali dell’apparato clandestino del Movimento
26 di Luglio, la partecipazione alla lotta contro
la tirannia di settori sempre più ampli della
popolazione in tutto il paese e la scalata della
brutalità repressiva del regime, contribuivani a
creare condizioni molto propizie per lo sviluppo
dello scontro popolare in tutte le sue modalità.
Questa auge della lotta popolare creò, nella
direzione del Movimento nel piano, l’apprezzamento
che le condizioni erano favorevoli nel paese per
scatenare uno sciopero generale rivoluzionario,
che era stato sempre, come ho spiegato,
l’obiettivo strategico finale per ottenere la
caduta della tirannia. Nel dicembre del 1958, con
3 000 combattenti vittoriosi e il richiamo allo
sciopero generale rivoluzionario, frustrammo
tutte le manovre controrivoluzionarie, e
controllammo le 100.000 armas in potere delle
forze armate al servizio del regime nelle 72 ore.
Non è mia intenzione in queste pagine fare in un
esame dettagliato del processo che condusse allo
sciopero del 9 aprile del 1958, delle discussioni
sostenute nel seno della direzione nazionale del
Movimento, includendo la riunione di El Naranjo,
nella Sierra Maestra, nei primi giorni di marzo
del 1958, nè delle cause che motivarono il
fallimento del tentativo di sciopero, nonostante
le azioni eroiche avvenute in quei giorni in
molte località del paese. Quello che m’interessa
segnalare qui sono due questioni.
Primo, il fallimento dello sciopero generale del
9 aprile costituì un duro colpo per il Movimento
clandestino nel piano, che durante le settimane
successive si vide obbligato a riorganizzare le
sue forze. Dalla Sierra Maestra io spiegai,
attraverso Radio Rebelde, le lezioni del
fallimento e proclamai il mio ottimismo sulle
prospettive della lotta contro la tirannia: "Si è
persa una battaglia, ma non abbimao perso la
guerra".
Devo segnalare che dentro il Movimento 26 di
Luglio, la sua direzione nella clandestinità, non
aveva mai considerato lo sviluppo di una forza
militare capace di sconfiggere le Forze Armate
di Cuba. Era naturale, in quella tappa, che non
pochi dei nostri quadri non vedessero nel piccolo
esercito una forza capace di vincere l’Esercito di
Batista. Lo credevano capace di generare un
movimento rivoluzionario nel seno dell’esercito
professionista che, unito al 26 di Luglio e sotto
la sua direzione, avrebbe fatto cadere Batista e
aprendo le porte ad una rivoluzione. Noi lottavamo
per creare le condizioni per una vera
rivoluzione, con la partecipazione, inoltre, dei
militari onesti disposti ad incorporarvisi. In
qualsiasi circostanza eravamo partidarii di
creare una forte avanguardia armata.
Sul Granma non avevamo nemmeno il 5%
delle armi automatiche che consideravamo
necessarie per una lotta vincente, ricorrevamo
per quello ai fucili di precisione e ad altre
armi acquisibili per sconfiggere le forze degli
istituti militari al servizio di Batista. Comunque
fosse, fummo obbligati a partire da zero, dopo
l’attacco a sorpresa del nemico ad Alegría de Pío.
Il nostro progetto aveva ricevuto di nuovo un
duro colpo. Non potevamo esigere dagli altri che
credessero in una nostra vittoria militare, prima
dovevamo dimostrarla. Oggi non h oil minimo Gubbio
che senza la vittoria dell’Esercito Ribelle, la
Rivoluzione non avrebbe potuto sostenersi.
L’esperienza del frustrato tentativo di sciopero
portò come risultato la revisione a fondo dei
concetti organizzativi e di lotta nel seno del
Movimento 26 di Luglio, che furono plasmati in un
insieme di decisioni politiche e organizzative
prese nella riunione della Direzione nazionale
del Movimento, effettuata il 5 maggio del 1958 a
Mompié, nel cuore del territorio del Primo Fronte
sulla Sierra Maestra. Quelle decisioni
contribuirono ad una crescita dell’azione
insurrezionale ad un piano superiore, includendo,
la conquista definitiva dell’unità tra le diverse
forze rivoluzionarie.
Secondo, il fallimento dello sciopero d’aprile
stimolò la tirannia ad accelerare i piani della
grande offensiva che stava preparando contro
l’Esercito Ribelle, ed in particolare contro il
territorio del Primo Fronte, dopo la sconfitta
della campagna d’inverno. Ci sono prove che i
comandi militari della tirannia considerarono
propizio il momento pera lanciare la loro grande
offensiva, partendo dalla presunta
demoralizzazione che, loro consideravano si era
diffusa tra di noi dopo il rovescio del 9 aprile.
Questa era la situazione sulla Sierra Maestra e
nel paese, nel maggio del 1958, quando si scatenò
la grande offensiva che il nemigo considerava come
la battaglia definitiva che avrebbe liquidato una
volta per tutte la minaccia ribelle.
Sfortunatamente, esistono pochissimi documenti sui
piani delle operazioni dell’Esercito batistiano
per distruggere il piccolo Esercito Ribelle,
quando questi cominciò a dare nuovamente segnali
di vita, dopo una seconda liquidazione, quella
volta nelle zone alte di Espinosa, quando un
piccolo gruppo di 24 uomini fu sul punto d’essere
totalmente liquidato con tutti i suoi futuri
comandanti: Raúl, capo del Secondo Fronte
Orientale; il Che, capo del fronte a est del
Turquino e della Colonna degli Invasori Ciro
Redondo; Camilo Cienfuegos, capo dell’avanguardia
della nostra colonna; Efigenio Ameijeiras, della
retorguardia della stessa che, diretti da me, con
il resto dei membri della spedizione del Granma,
assestammo i primi colpi al nemico, provocando
numerosi morti e feriti tra i paracadutisti di
Mosquera e tra le truppe di Casillas, senza
perdere un solo uomo. Con me, nelle alture di
Espinosa, il nemico fu al punto d’eliminarci tutti
per il tradimento di Eutimio Guerra.
Lo sviluppo della grande offensiva nemica
dell’estate del 1958 contro il Primo Fronte della
Sierra Maestra ed il suo contrasto da parte
dell’Esercito Ribelle, che offriamo in questo
volume, non s’intenderebbe pienamente senza
un’informazione previa, anche se breve, delle
fundamenta della pianificazione di questa
offensiva, realizzata dai comandi militari della
tirannia.
Il 27 febbraio del 1958, il tenente colonnello
Carlos San Martín, capo della Sezione delle
Operazioni dello Stato Maggiore dell’Esercito,
presentò ai suoi superiori un memorandum
classificato come "Molto Segreto" ed intitolato
"Piano F-F (Fase Finale o Fine di Fidel)". Questo
documento era relazionato con il piano delle
operazioni per la grande offensiva nemica
dell’estate del 1958, con il "Visto Buono" del
direttore delle Operazioni, maggiore generale
Martín Díaz Tamayo, e del capo dello Stato
Maggiore dell’Esercito, tenente generale Pedro A.
Rodríguez Ávila.
Dopo i combattimenti di Mar Verde, del 29
novembre, dove morì Ciro Redondo, e nelle alture
di Conrado, l’8 dicembre, sostenuto dalla colonna
del Che contro le forze dell’allora comandante
Ángel Sánchez Mosquera, e l’occupazione della
base permanente della Colonna 4, agli ordini del
Che a El Hombrito, la penetrazione nel territorio
ribelle per il fronte orientale perse l’impulso.
Sánchez Mosquera fu obbligato a realizzare una
ritirata attraverso le falde del Turquino, verso
Ocujal. Nel fronte occidentale della Sierra, una
compagnia nemica guidata dal comandante Merob
Sosa, un altro spietato assassino, cadde in
un’imboscata e fu disarticolata nelle vicinanze
di Mota, il 20 novembre, da un plotone della
Colonna 1, diretto da Ciro Frías. Altre truppe
fresche, agli ordini del comandante Antonio Suárez
Fowler, furono sconfitte a Gabiro in quella stessa
giornata da altri plotoni comandati da Efigenio
Ameijeiras, Juan Soto, che morì in questo
combattimento, ed altri capitani ribelli della
Colonna 1. Le forze della nostra colonna in quei
giorni non superavano i 140 uomini con armi da
guerra.
Nell’Uvero
I cinque battaglioni di fanteria e varie
compagnie indipendenti si scontrarono contro una
resistenza molto più organizzata e solida di
quella che il nemico si aspettava, alla fine del
1957. Nel giugno di quell’anno, Frank País aveva
inviato un contingente di giovani combattenti del
Movimento 26 di Luglio, agli ordini di Jorge
Sotús, per rafforzare il piccolo gruppo di 30
uomini sopravvissuto e colpito dalle truppe
batistiane
che, al comando dei paracadutisti e di Casillas,
ci perseguitavano con accanimento. Allora
combattevamo con le armi raccolte dal futuro
comandante Guillermo García, il primo contadino
sommato ai sopravvissuti della spedizione del
Granma, dopo l’attacco a sorpresa di Alegría de
Pío che praticamente aveva liquidato, in
brevissimo tempo, la nostra forza, quella che ci
era costata in organizzazione, addestramento e
armi per più di due anni.
Dopo l’attacco frustrato al Palazzo Presidenziale
del Directorio Revolucionario, e dopo la morte del
suo capo, José Antonio Echeverría, le armi usate
in quella azione furono inviate a Santiago di
Cuba da Manuel Piñeiro. Frank ne usò una parte
per amare la Colonna 1, e con quelle si
sostenne il sanguinoso Combattimento di Uvero.
Schizzo dell’Assalto alla Caserma dell’Uvero, il
28 maggio del 1957.
I primi mesi del 1958 costituirono il periodo
d’estensione e approfondimento della lotta
guerrigliera nelle pianure del Cauto, con
l’arrivo in questa zona di una piccola colonna
comandata del capitano Camilo Cienfuegos, appena
promosso comandante. Fu quando preparammo e
lanciammo il secondo attacco all’ accampamento
nemico a Pino del Agua, la prima azione di grande
importanza comeoperazione del nostro Esercito
Ribelle; inoltre in quel periodo creammo le
Colonne 6 e 3, guidate dai comandanti Raúl Castro
Ruz e Juan Almeida, rispettivamente, participanti
all’attacco alla caserma Moncada del 26 di luglio
del 1953 a Santiago di Cuba, ed estendemmo la
guerra a est della Sierra Maestra e tra le
montagne a nordest dell’antica provincia
orientale.
Il 21 marzo del 1958 si svolse una conferenza
dello Stato Maggiore per discutere i piani futuri
delle operazioni. La riunione durò quattro ore,
con la partecipazione di tutti i capoccia
militari del regime, tra i quali il generale
Francisco Tabernilla Dolz, capo di Stato Maggiore
Congiunto; del tenente generale Pedro A. Rodríguez
Ávila, capo dello Stato Maggiore dell’Esercito;
del maggiore generale Eulogio Cantillo Porras,
capo in quel momento della Divisione di Fanteria,
che, era già stato deciso, sarebbe stato il capo
della zona di operazioni in vista della prossima
offensiva, ed il colonnello Manuel Ugalde
Carrillo, capo sino a quel momento della zona
d’operazioni.
Il colonnello Ugalde Carrillo propose di creare
nuovi battaglioni di combattimento contro la
guerriglia, integrati ognuno da due compagnie di
fucilieri, rafforzati con armi pesanti. Ognuno di
questi battaglioni doveva contare su un totale di
186 uomini e su due mortai da 60 millimetri; due
bazooka da 4,2 pollici; due mitragliatrici calibro
30; 12 fucili automatici; 48 carabine e 114
fucili, che avrebbero assicurato un considerevole
potere di fuogo. La nuova offensiva poteva
cominciare immediatamente dopo il termine del
raccolto delle canne da zucchero e l’esecuzione
del precedente piano di ostilità contro le nostre
forze.
La proposta del capo della zona di operazioni fu
respinta. Lo Stato Maggiore dell’Esercito elaborò
un piano nel quale era prevista anche la
creazione di nove battaglioni, ma, in questo
caso, integrati da tre compagnie ognuno, e con una
composizione differente. Quindici delle 27
compagnie richieste sarebbero state uguali a
quelle già esistenti nella zona delle operazioni,
la cui integrità si serebbe mantenuta. Le altre 12
sarebbero state compagnie di fucilieri di 85
uomini ognuna, composte da reclute.
In principio, i battaglioni ai quali assegnare le
missioni più importanti sarebbero state costituite
da una delle compagnie rafforzate della Divisione
di Fanteria e due delle nuove compagnie di
fucilieri, per un totale approssimato di 360
uomini per battaglione, cioè, il doppio delle
proposte di Ugalde Carrillo. La consistenza di
questa cifra sicuramente era più tranquillizzante
per gli strateghi dello Stato Maggiore. D’altra
parte, dotando una delle compagnie con armi
pesanti, si credeva d’aver trovato una soluzione
che, anche se sacrificava la mobilità, garantiva
un colpo più solido.
In definitiva, quello schema d’organizzazione fu
realizzato in linee generali. La sola cosa che
variò fu la quantità totale degli uomini. La cifra
considerata necessaria per l’offensiva crebbe
tra i mesi di febbraio e maggio, in una vera
spirale, in quanto al volume.
Quelli che frequentavano scuole avrebbero
terminato la loro preparazione a scalare tra la
metà di marzo e quella di giugno. Non si poteva
contare con il personale necessario per l’
offensiva, al meno sino alla seconda quindicina
d’aprile.
A quelle circostanze si unì un "regalo" della
direzione nazionale del Movimento 26 de Luglio: il
fallimento dello sciopero rivoluzionario, che
costò molte vite di combattenti eroici. La
tirannia considerò giunto il momento psicologico
opportuno per dare la botta finale nelle montagne
dell’Oriente. Partivano dalla supposizione che,
con il fallimento delle azioni relazionate allo
sciopero, si sarebbe creato un ambiente di
sconfitta e demoralizzazione tra le fila dei
ribelli. Non conoscevano la tempra del nostro
piccolo esercito nè l’abito di rinascere dalla sua
cenere.
Nel più recente piano tuttavia si manteneva la
formula d’organizzare e addestrare le nuove unità
fuoi dalla zona delle operazioni e trasferirle là
all’ultimo momento per utilizzare al massimo il
presunto fattore sorpresa.
Ma ai primi giorni di marzo, il comando della zona
d’ operazioni considerava insufficiente la sua
stessa domanda di nove battaglioni da
combattimento per l’offensiva. La cifra richiesta
era stata elevata a 13, senza contare un altro
battaglione di fanteria della marina richistao
alla Marina di Guerra, e le forze degli
squadroni della Guardia Rurale, tra le altre anche
presenti nella zona delle operazioni.
Il capo dello Stato Maggiore si riferì alla
Colonna 6, comandata da Raúl, che già in quella
data aveva stabilito il Secondo Fronte, affermando
che costituiva "una minaccia grave per la
retroguardia".
Il 25 di quel mese di marzo del 1958? si ordinò
l’arruolamento di altri 4.000 cittadini come
soldati della Riserva Militare, che dovevano
completare le cifre ed essere disponibili per
qualsiasi eventualità.
L’alto comando prese la decisione d’incorporare
alle sue forze della zona d’operazioni,
prevedendo la progettata offensiva, nuovi
contingenti provenienti da distinti comandi
militari, la cui partecipazione non era stata
prevista in un inizio. Così entrarono a formar
parte della pianificazione cinque nuove compagnie
della Divisione di Fanteria, una del Reggimento
d’Artiglieria, due del Corpo dei Genieri, due
della Forza Aerea dell’ Esercito, una della Scuola
dei Cadetti e nove dei differenti reggimenti
della Guardia Rurale, per un totale di 20 unità.
Nelle settimane successive si sarebbero
aggregate compagnie, sino a raggiungere il gran
totale di 55 unità che avrebbero partecipato nella
zona delle operazioni per tutto lo sviluppo
dell’offensiva. La maggior parte di queste nuoves
compagnie erano formate, indistintamente, da
soldati di relativa anzianità e da reclute, in
proporzione variabile secondo il caso.
Il 25 maggio, primo giorno dell’offensiva, il
nemico contava già con non meno di 7.000 uomini
disponibili per l’esecuzione diretta del piano di
operazioni, e giunse a mobilitare, in totale,
circa 10.000 uomini.
Per combattere il torrente di soldati che ci
veniva contro, il Primo Fronte della Sierra
Maestra era riuscito a riunire per la data circa
220 uomini con armi da guerra, includendo il
personale della colonna del Che, organizzato in
plotoni e squadre, molte tra queste con capi
nuovi, senza grande esperienza, ma con
un’eccellente disposizione ed un gran rispetto.
Altre piccole unità della Colonna 3 del
comandante Juan Almeida, comandate da Guillermo
García, si stavano già incorporando alla difesa,
e circa 40 uomini dell’intrepida truppa di
Camilo, i primi combattenti del piano, marciavano
verso la Sierra Maestra.
Insieme saremmo stati circa 300. Questo libro
contiene la narrazione sintetica ed assolutamente
fedele di quello che avvenne.
(Continua)
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