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                              LA VITTORIA 
                              STRATEGICALa situazione  generale del
 paese e della lotta rivoluzionaria nel
 maggio del 1958
 • Partendo dalla grande domanda 
                              popolare, Granma Internacional in Italiano • 
                              Comincerà, a partire da sabato 28 agosto, a 
                              pubblicare per capitoli, il libro La vittoria 
                              strategica, del Comandante in Capo
 Fidel Castro
 
                              
                              (Capitolo 1º)  
                              
                              La grande offensiva nemica contro il Primo Fronte 
                              dell’Esercito Ribelle sulla Sierra Maestra fu lo 
                              sforzo organizzato più ambizioso e meglio 
                              preparato delle Forze Armate del regime di 
                              Fulgencio Batista per sconfiggere l’Esercito 
                              Ribelle. 
                              
                              Si svolse quando era già trascorso un anno e mezzo 
                              di guerra rivoluzionaria nelle  montagne della 
                              Sierra Maestra. Sarebbe conveniente iniziare 
                              questo relato con un rapido esame della situazione 
                              generale del paese nel maggio del 1958, per 
                              comprendere meglio il contesto in cui si sviluppò 
                               la grande operazione che l’Esercito della 
                              tirannia considerava definitiva e finale. 
                              
                              Fidel e il Che sulla Sierra Maestra. 
                              
                              Al di fuori dell’ambito specifico della Sierra 
                              Maestra, nel primo anno di guerra si era prodotto 
                               nel paese un marcato incremento del clima 
                              d’insurrrezione.  
                              
                              Durante i primi mesi del 1957, mentre si 
                              consolidava la nostra guerriglia sulle montagna, 
                              avvenne un dinamico processo di riorganizzazione 
                              dell’apparato clandestino del Movimento 26 di 
                              luglio nelle città  e di rafforzamento  della sua 
                              azione,  grazie allo stimolo  dell’attività di 
                              Frank País, che era, a  Santiago di Cuba, il 
                              responsabile nazionale  
                              
                              dell’azione del Movimento in quel periodo e, di 
                              fatto, come suo dirigente clandestino dopo gli 
                              arresti di Faustino Pérez e Armando Hart, in marzo 
                              e aprile, rispettivamente. 
                              
                              In quel lavoro di Frank furono notevoli i suoi 
                              risultati nel riorientamento dei gruppi d’azione 
                              del Movimento, nell’organizzazione della lotta nel 
                              settore operaio e nella  strutturazione della 
                              resistenza civica. Una delle priorità 
                              dell’attività di Frank durante le 
                              
                              ultime settimane della sua vita fu l’impulso dato 
                              alla sezione operaia del Movimento, che, nel 
                              nostro concetto rivoluzionario, quando avvenne 
                              l’attacco alla Moncada, doveva essere la stoccata 
                              finale contro la tirannia, dopo il sollevamento e 
                              la  distribuzione  di armi nella città di Santiago 
                              di Cuba. La guerra nelle  montagne era 
                              l’alternativa se il richiamo allo sciopero  non 
                              avesse avuto  successo. 
                              
                              Uno dei colpi  maggiori  per il Movimento e per la 
                              lotta  rivoluzionaria in Cuba avvenne nel primo 
                              anno di guerra, il 30 luglio del 1957, quando 
                              Frank País fu catturato a Santiago e assassinato 
                              nella strada. La morte di Frank provocò una 
                              reazione  popolare spontanea di tale importanza 
                              che la città  restò  virtualmente paralizzata per 
                              vari giorni. Il funerale  del giovane combattente 
                              si trasformò  nella manifestazione  di ribellione 
                              più grande della storia santiaghera sino a quel  
                              momento, ed in un’espressione eloquente della 
                              condanna generale  contro il regime e del 
                              sentimiento di ribellione della popolazione di 
                              Santiago. Quello  che avvenne in quel giorno 
                              dimostrò  che quella  città di grande tradizione 
                              patriottica si sarenne sollevata  se il 26 di 
                              luglio del 1953 avessimo  occupato la caserma 
                               Moncada. 
                              
                              Un altro fatto che commosse  l’opinione pubblica 
                              nazionale e scosse  fortemente il regime tirannico 
                              fu il sollevamento  del 5 settembre del 1957 
                              della  dotazione navale di Cienfuegos, con la 
                              direzione del nostro Movimento. I ribelli 
                              riuscirono  a dominare la Base Navale di Cayo Loco 
                              e, con la partecipazione delle  milizie del 
                              Movimento 26 di Luglio e di numerosi cittadini 
                              disposti a lottare con le armi distribuite al 
                              popolo, cominciarono a combattere in distintos 
                              punti della città. Durante ttutta quella giornata 
                              e per gran parte della notte, si lottò per  le 
                              strade di Cienfuegos, sino a che, vinti gli ultimi 
                              fuochi di resistenza popolare grazie ai poderosos 
                              rinforzi  inviati da Santa Clara, Matanzas, 
                              Camagüey e L’Avana, la città si svegliò  il giorno 
                              6 di nuovo nelle mani del nemico. 
                              
                              Alla  metà di luglio del 1957, dopo il sanguinoso 
                               Combattimento di Uvero, dove ci impossessammo di 
                              un gran numero di armi, decidemmo di creare la 
                              Colonna 4, comandata da Ernesto Guevara. Il Che si 
                              era distinto in quella dura battaglia. Era il 
                              capitano medico dei partecipanti alla spedizione. 
                              Con una piccola scorta  curò ed prestò assistenza 
                              ai nostri feriti. Fu il primo ufficiale nominato 
                              Comandante. 
                              
                              Il fallimento del primo tentativo di offensiva 
                              generale contro l’incipientem Esercito Ribelle 
                              creò uno stato di frustrazione nei comandi 
                              militari della tirannia, e la conseguenza 
                              immediata fu la recrudescenza della più spietata 
                              repressione contro la popolazione contadina della 
                              Sierra Maestra. 
                              
                              Nel febbraio del 1958, l’Esercito Ribelle era  
                              nelle condizioni di passare ad una tappa superiore 
                              di sviluppo ed anche  ad un nuovo periodo nella 
                              guerra, considerando l’esperienza e le conoscenze 
                              acquisite. 
                              
                              Nei  primi giorni  di marzo del 1958 partirono da 
                              La Mesa, nella Sierra Maestra, due nuove colonne 
                              ribelli designate con i numeri 6 e 3, comandate da 
                              due nuovi comandanti, Raúl Castro Ruz e Juan 
                              Almeida Bosque, tutti e due combattenti della 
                              Moncada e membri della spedizione  del Granma, 
                              recentemente promossi. Uno aveva la missione di 
                              creare il Secondo Fronte Orientale Frank País, e 
                              l’altro, il Terzo Fronte Mario Muñoz Monroy, nelle 
                              prossimità di Santiago di Cuba.  Insieme contavano 
                              su circa 100 combattenti della Colunna 1, buoni 
                              plotoni e squadre, e buone armi. L’Esercito 
                              Ribelle cresceva  in uomini, esperienza e  
                              qualità. 
                              
                              Come l’Araba Fenice era resuscitato dalle sue 
                              ceneri. 
                              
                              Durante i mesi di febbraio e marzo del 1958, mi 
                              trovai nella necessità di dedicare attenzione ad 
                              un flusso crescente di giornalisti, cubani e  
                              stranieri, giunti sulla Sierra. La nostra lotta 
                               sulle montagne in Oriente era già motivo 
                              d’interesse nel mondo. Tra i visitatori ricevuti, 
                               l’ argentino Jorge Ricardo Masetti, poi autore di 
                              un bel  libro sulla  nostra lotta; l’equadoriano 
                              Ricardo Bastidas, assassinato dai corpi  di 
                              repressione della tirannia batistiana; il 
                              messicano Manuel Camín e l’uruguaiano  Carlos 
                              María Gutiérrez, che pubblicarono buoni reportages 
                              nella stampa  dei loro paesi; lo spagnolo Enrique 
                              Meneses, autore di alcune delle fotografie 
                              emblematiche della lotta nella Sierra; i 
                              nordamericani Homer Bigart, Ray Brennan e altri. 
                              
                              Nella stessa epoca  trascorse  varie settimane tra 
                              i nostri combattenti il giornalista e cameraman  
                              Eduardo Hernández, molto conosciuto in Cuba per il 
                              suo soprannome di Guayo, che fu il primo cubano 
                              che filmò scene della nostra lotta. 
                              
                              Durante i mesi iniziali del 1958, mentre  si 
                              consolidava la lotta guerrigliera  ed avveniva un 
                              cambio  qualitativo della guerra, si manteneva in 
                              ascesa il clima insurrezionale nel resto del 
                              paese. Il decisivo stimolo apportato dalle 
                              sostenute vittorie dei ribelli, il progressivo 
                              rafforzamento dei  meccanismi organizzativi e 
                              funzionali dell’apparato clandestino del Movimento 
                              26 di Luglio, la partecipazione alla lotta contro 
                              la tirannia di settori sempre più ampli della 
                              popolazione in tutto il paese e la scalata della 
                              brutalità  repressiva del regime, contribuivani a 
                              creare condizioni molto propizie  per lo sviluppo 
                              dello scontro popolare in tutte le sue modalità. 
                              
                              Questa  auge della lotta popolare creò, nella 
                              direzione del Movimento nel piano, l’apprezzamento 
                              che le condizioni erano favorevoli nel paese per 
                              scatenare uno sciopero  generale rivoluzionario, 
                              che era stato  sempre, come ho spiegato, 
                               l’obiettivo strategico finale per ottenere la 
                              caduta della tirannia. Nel dicembre del 1958, con 
                              3 000 combattenti vittoriosi e il richiamo allo 
                              sciopero generale rivoluzionario, frustrammo 
                               tutte  le manovre  controrivoluzionarie, e 
                              controllammo  le 100.000 armas in potere delle 
                              forze armate al servizio del regime nelle 72 ore. 
                              
                              Non è mia intenzione  in queste pagine fare in un 
                              esame dettagliato del processo che condusse allo  
                              sciopero del 9 aprile del 1958, delle  discussioni 
                              sostenute nel seno della direzione nazionale del 
                              Movimento, includendo la riunione di El Naranjo, 
                              nella Sierra Maestra,  nei primi giorni  di marzo 
                              del 1958, nè delle  cause che motivarono il 
                              fallimento del tentativo di sciopero,  nonostante 
                              le  azioni eroiche avvenute in quei giorni in 
                              molte località  del paese. Quello che m’interessa 
                              segnalare qui sono due questioni. 
                              
                              Primo, il fallimento dello sciopero  generale del 
                              9 aprile costituì un duro colpo per il Movimento 
                              clandestino nel piano, che durante le settimane 
                              successive  si vide obbligato a riorganizzare  le 
                              sue forze. Dalla Sierra Maestra io spiegai, 
                              attraverso Radio Rebelde, le lezioni del 
                              fallimento e proclamai il mio ottimismo sulle 
                              prospettive della lotta contro la tirannia: "Si è 
                               persa una battaglia, ma non abbimao perso la 
                              guerra". 
                              
                              Devo segnalare che dentro il Movimento 26 di 
                              Luglio, la  sua direzione nella clandestinità, non 
                              aveva mai considerato lo sviluppo di una forza 
                               militare capace di sconfiggere  le Forze Armate 
                              di Cuba. Era naturale, in quella tappa, che non 
                              pochi dei nostri quadri non vedessero nel piccolo  
                              esercito una forza capace di vincere l’Esercito di 
                              Batista. Lo credevano capace di generare un 
                              movimento rivoluzionario nel seno dell’esercito 
                              professionista che, unito al 26 di Luglio e sotto 
                              la  sua direzione, avrebbe fatto cadere Batista e 
                              aprendo le porte ad una rivoluzione. Noi lottavamo 
                              per  creare le condizioni per una vera 
                              rivoluzione, con la partecipazione, inoltre, dei 
                              militari onesti disposti ad incorporarvisi. In 
                              qualsiasi  circostanza eravamo partidarii di 
                              creare una forte avanguardia armata. 
                              
                              Sul Granma  non avevamo nemmeno  il 5% 
                              delle  armi automatiche  che  consideravamo 
                               necessarie per una lotta vincente, ricorrevamo 
                              per quello ai  fucili di precisione e ad altre 
                              armi acquisibili  per sconfiggere  le forze degli 
                              istituti militari al servizio di Batista. Comunque 
                              fosse,  fummo obbligati  a partire da zero, dopo 
                              l’attacco a sorpresa del nemico ad Alegría de Pío. 
                              Il nostro progetto aveva ricevuto  di nuovo un 
                              duro colpo. Non potevamo esigere dagli altri  che 
                              credessero in una nostra vittoria militare, prima 
                              dovevamo dimostrarla. Oggi non h oil minimo Gubbio 
                              che senza la vittoria dell’Esercito Ribelle, la 
                              Rivoluzione non avrebbe potuto sostenersi. 
                              
                              L’esperienza del frustrato tentativo di sciopero  
                              portò  come risultato la revisione a fondo dei 
                              concetti organizzativi  e di lotta nel seno del 
                              Movimento 26 di Luglio, che furono plasmati in un 
                              insieme di decisioni politiche e organizzative 
                               prese nella riunione della Direzione  nazionale 
                              del Movimento, effettuata il 5 maggio del 1958 a 
                              Mompié, nel cuore del territorio del Primo Fronte 
                              sulla Sierra Maestra. Quelle decisioni 
                              contribuirono ad una crescita  dell’azione 
                               insurrezionale ad un piano superiore, includendo, 
                              la conquista definitiva dell’unità tra le diverse 
                              forze rivoluzionarie. 
                              
                              Secondo, il fallimento dello sciopero  d’aprile 
                              stimolò la tirannia ad accelerare i piani  della 
                              grande offensiva che stava  preparando contro 
                              l’Esercito Ribelle, ed in particolare contro il 
                              territorio del Primo Fronte, dopo la sconfitta 
                              della campagna d’inverno. Ci sono prove che i 
                              comandi militari della tirannia considerarono 
                              propizio il momento pera lanciare la loro grande 
                              offensiva, partendo dalla presunta 
                              demoralizzazione che,  loro consideravano si era 
                              diffusa tra di noi dopo il rovescio del 9 aprile. 
                              
                              Questa era la situazione sulla Sierra Maestra e 
                              nel paese, nel maggio del 1958, quando si scatenò 
                              la grande offensiva che il nemigo considerava come 
                              la battaglia definitiva che avrebbe liquidato una 
                              volta per tutte  la minaccia ribelle. 
                              
                              Sfortunatamente, esistono pochissimi documenti sui 
                               piani delle operazioni dell’Esercito batistiano 
                              per distruggere il piccolo  Esercito Ribelle, 
                              quando questi cominciò a dare nuovamente segnali 
                              di vita, dopo una seconda liquidazione, quella 
                              volta nelle zone alte di Espinosa, quando un 
                              piccolo  gruppo di 24 uomini fu sul punto d’essere 
                              totalmente liquidato con tutti i suoi futuri 
                              comandanti: Raúl, capo del Secondo Fronte 
                              Orientale; il Che, capo del fronte a est del 
                              Turquino e della Colonna degli Invasori Ciro 
                              Redondo; Camilo Cienfuegos, capo dell’avanguardia 
                              della nostra colonna; Efigenio Ameijeiras, della 
                              retorguardia della stessa che, diretti da  me, con 
                              il resto dei membri della spedizione del Granma, 
                              assestammo i primi colpi  al nemico, provocando 
                              numerosi morti e feriti tra i paracadutisti di 
                              Mosquera e tra le truppe di Casillas, senza 
                              perdere un solo uomo. Con me, nelle alture  di 
                              Espinosa, il nemico fu al punto d’eliminarci tutti 
                              per il tradimento di Eutimio Guerra. 
                              
                              Lo sviluppo della grande offensiva nemica 
                              dell’estate del 1958 contro il Primo Fronte della 
                              Sierra Maestra ed il suo contrasto da parte 
                              dell’Esercito Ribelle, che offriamo in questo 
                              volume, non s’intenderebbe pienamente senza 
                              un’informazione previa, anche se breve, delle 
                              fundamenta della pianificazione di questa 
                              offensiva, realizzata dai comandi  militari della 
                              tirannia. 
                              
                              Il 27 febbraio del 1958, il tenente colonnello 
                              Carlos San Martín, capo della Sezione  delle 
                              Operazioni dello Stato Maggiore dell’Esercito, 
                              presentò ai suoi superiori un memorandum 
                              classificato come "Molto Segreto" ed intitolato 
                              "Piano F-F (Fase Finale o Fine di Fidel)". Questo 
                              documento era relazionato con il piano delle 
                              operazioni per la grande offensiva nemica 
                              dell’estate del 1958, con il "Visto Buono" del 
                              direttore delle Operazioni, maggiore generale 
                              Martín Díaz Tamayo, e del capo dello Stato 
                              Maggiore dell’Esercito, tenente generale Pedro A. 
                              Rodríguez Ávila. 
                              
                              Dopo i combattimenti  di Mar Verde, del 29 
                              novembre, dove morì Ciro Redondo, e nelle alture 
                              di Conrado, l’8 dicembre, sostenuto dalla colonna 
                              del Che contro le forze dell’allora  comandante 
                              Ángel Sánchez Mosquera,  e l’occupazione della 
                              base permanente della Colonna 4, agli  ordini del 
                              Che a El Hombrito, la penetrazione nel territorio 
                              ribelle per il fronte orientale perse l’impulso. 
                              Sánchez Mosquera fu obbligato a realizzare una 
                              ritirata attraverso  le falde del Turquino, verso 
                              Ocujal.  Nel fronte occidentale della Sierra, una 
                              compagnia nemica guidata dal comandante Merob 
                              Sosa, un altro spietato assassino, cadde in 
                              un’imboscata e fu disarticolata nelle vicinanze  
                              di Mota, il 20 novembre, da un plotone della 
                              Colonna 1, diretto da Ciro Frías. Altre truppe 
                              fresche, agli ordini del comandante Antonio Suárez 
                              Fowler, furono sconfitte a Gabiro in quella stessa 
                              giornata da altri  plotoni comandati da Efigenio 
                              Ameijeiras, Juan Soto, che morì  in questo  
                              combattimento,  ed altri capitani ribelli della 
                              Colonna 1. Le forze della nostra colonna in quei 
                              giorni  non superavano  i 140 uomini con armi da 
                              guerra. 
                              
                              Nell’Uvero 
                              
                              I cinque battaglioni  di fanteria e varie 
                              compagnie indipendenti si scontrarono contro una 
                              resistenza molto più organizzata e solida di 
                              quella che il nemico si aspettava, alla fine del 
                              1957.  Nel giugno di quell’anno, Frank País aveva 
                              inviato un contingente di giovani combattenti del 
                              Movimento 26 di Luglio, agli  ordini di Jorge 
                              Sotús, per rafforzare il piccolo  gruppo di 30 
                              uomini sopravvissuto  e colpito  dalle truppe 
                              batistiane 
                              
                              che, al comando dei  paracadutisti e di Casillas, 
                              ci perseguitavano con accanimento. Allora 
                              combattevamo con  le armi raccolte dal futuro 
                              comandante Guillermo García, il primo contadino 
                              sommato ai sopravvissuti  della spedizione del 
                              Granma, dopo l’attacco a sorpresa  di Alegría de 
                              Pío che praticamente aveva liquidato, in 
                              brevissimo tempo, la nostra forza, quella  che ci 
                              era costata in organizzazione, addestramento e 
                              armi per più di due anni. 
                              
                              Dopo l’attacco frustrato al Palazzo Presidenziale 
                              del Directorio Revolucionario, e dopo la morte del 
                              suo capo, José Antonio Echeverría, le armi usate 
                              in quella azione  furono inviate a Santiago di 
                              Cuba da Manuel Piñeiro. Frank ne usò una parte  
                              per amare  la Colonna 1, e con quelle  si 
                              sostenne  il sanguinoso  Combattimento  di Uvero. 
                              
                              Schizzo dell’Assalto alla Caserma dell’Uvero, il 
                              28 maggio del 1957. 
                              
                              I  primi mesi del 1958 costituirono il periodo 
                              d’estensione e approfondimento della lotta 
                              guerrigliera nelle pianure  del Cauto, con 
                              l’arrivo in questa zona  di una piccola  colonna  
                               comandata del capitano Camilo Cienfuegos, appena 
                              promosso  comandante. Fu quando preparammo e 
                              lanciammo il secondo attacco all’ accampamento 
                              nemico a Pino del Agua, la prima azione  di grande 
                              importanza comeoperazione del nostro Esercito 
                              Ribelle; inoltre in quel periodo creammo le 
                              Colonne 6 e 3, guidate dai  comandanti Raúl Castro 
                              Ruz e Juan Almeida, rispettivamente, participanti 
                              all’attacco alla caserma  Moncada del 26 di luglio 
                              del 1953 a Santiago di Cuba, ed estendemmo  la 
                              guerra a est della Sierra Maestra e tra le 
                              montagne a nordest dell’antica provincia 
                              orientale. 
                              
                              Il 21 marzo del 1958 si svolse una conferenza 
                              dello Stato Maggiore  per discutere i piani futuri 
                              delle operazioni. La riunione durò quattro ore, 
                              con la partecipazione di tutti i capoccia  
                              militari del regime, tra i quali  il generale 
                              Francisco Tabernilla Dolz,  capo di Stato Maggiore 
                              Congiunto; del tenente generale Pedro A. Rodríguez 
                              Ávila, capo dello Stato Maggiore dell’Esercito; 
                              del maggiore generale Eulogio Cantillo Porras, 
                              capo in quel momento della Divisione di Fanteria, 
                              che, era già stato deciso, sarebbe stato il capo 
                              della zona di operazioni in vista della prossima 
                              offensiva,  ed il colonnello Manuel Ugalde 
                              Carrillo, capo sino a quel  momento della zona 
                              d’operazioni. 
                              
                              Il colonnello Ugalde Carrillo propose  di creare 
                              nuovi battaglioni  di combattimento contro la 
                              guerriglia, integrati ognuno da due compagnie di 
                              fucilieri, rafforzati con armi pesanti. Ognuno di 
                              questi battaglioni doveva contare su  un totale di 
                              186 uomini e  su due mortai da 60 millimetri; due 
                              bazooka da 4,2 pollici; due mitragliatrici calibro 
                              30; 12 fucili automatici; 48 carabine e 114 
                              fucili, che avrebbero assicurato  un considerevole 
                              potere di fuogo. La nuova offensiva poteva 
                              cominciare immediatamente dopo il termine del 
                              raccolto delle canne da zucchero e l’esecuzione 
                              del precedente piano di ostilità contro le nostre 
                              forze. 
                              
                              La proposta del capo della zona di operazioni fu 
                              respinta. Lo Stato Maggiore dell’Esercito elaborò 
                              un piano nel quale era prevista  anche la 
                              creazione di nove battaglioni, ma, in questo  
                              caso, integrati da tre compagnie ognuno, e con una 
                              composizione differente. Quindici delle  27 
                              compagnie  richieste sarebbero state uguali a 
                              quelle già esistenti nella zona delle operazioni, 
                              la cui integrità si serebbe mantenuta. Le altre 12 
                              sarebbero  state compagnie di fucilieri  di 85 
                              uomini ognuna, composte da reclute. 
                              
                              In principio, i battaglioni ai quali  assegnare le 
                              missioni più importanti sarebbero state costituite 
                              da una delle compagnie  rafforzate della Divisione 
                              di Fanteria e due delle  nuove compagnie di 
                              fucilieri, per un totale approssimato di 360 
                              uomini  per battaglione, cioè, il doppio  delle 
                              proposte di Ugalde Carrillo. La consistenza di 
                              questa cifra sicuramente era più tranquillizzante  
                              per gli strateghi dello Stato Maggiore. D’altra 
                               parte,  dotando una delle compagnie con armi 
                              pesanti,  si credeva d’aver trovato una soluzione 
                              che, anche se sacrificava la mobilità, garantiva  
                              un colpo più solido. 
                              
                              In definitiva, quello schema d’organizzazione fu 
                              realizzato in  linee generali. La sola cosa che  
                              variò fu la quantità totale degli uomini. La cifra 
                              considerata necessaria per l’offensiva  crebbe  
                              tra i mesi di febbraio e maggio, in una vera 
                              spirale, in quanto al volume. 
                              
                              Quelli che frequentavano scuole  avrebbero 
                              terminato  la loro preparazione a scalare tra la 
                              metà di marzo e quella di giugno. Non si poteva 
                              contare  con il personale necessario per l’ 
                              offensiva, al meno sino alla  seconda quindicina 
                              d’aprile. 
                              
                              A quelle circostanze si unì un "regalo" della 
                              direzione nazionale del Movimento 26 de Luglio: il 
                              fallimento dello sciopero rivoluzionario, che 
                              costò molte  vite di combattenti eroici. La 
                              tirannia  considerò giunto il momento psicologico 
                              opportuno per dare la botta  finale nelle montagne 
                              dell’Oriente. Partivano  dalla supposizione che, 
                               con il fallimento delle azioni  relazionate allo 
                              sciopero, si sarebbe creato un ambiente di 
                              sconfitta e demoralizzazione tra le fila dei 
                              ribelli. Non conoscevano la tempra del nostro 
                              piccolo esercito nè l’abito di rinascere dalla sua 
                              cenere. 
                              
                              Nel più recente piano tuttavia si manteneva  la 
                              formula d’organizzare e addestrare le nuove unità 
                              fuoi dalla zona delle operazioni e trasferirle là 
                              all’ultimo momento per utilizzare al massimo il 
                              presunto fattore  sorpresa. 
                              
                              Ma ai primi giorni di marzo, il comando della zona 
                              d’ operazioni considerava insufficiente la sua 
                              stessa domanda di  nove battaglioni da 
                              combattimento per l’offensiva. La cifra richiesta 
                              era stata elevata  a 13, senza contare un altro 
                              battaglione di fanteria della marina richistao 
                              alla  Marina di Guerra, e  le forze degli 
                              squadroni della Guardia Rurale, tra le altre anche 
                              presenti nella zona delle operazioni. 
                              
                              Il capo dello Stato Maggiore si riferì alla 
                              Colonna 6, comandata da Raúl, che già  in quella 
                              data aveva stabilito il Secondo Fronte, affermando 
                              che costituiva "una minaccia grave per la 
                              retroguardia". 
                              
                              Il 25 di quel mese di marzo del 1958? si ordinò  
                              l’arruolamento  di altri 4.000 cittadini come 
                              soldati della Riserva Militare, che dovevano 
                              completare le cifre ed essere  disponibili per 
                              qualsiasi eventualità. 
                              
                              L’alto comando prese la decisione d’incorporare 
                              alle sue forze della zona d’operazioni,  
                              prevedendo  la progettata offensiva, nuovi 
                              contingenti provenienti  da distinti comandi 
                              militari,  la cui partecipazione non era stata 
                              prevista  in un inizio.  Così entrarono a formar 
                              parte della pianificazione cinque nuove compagnie 
                              della Divisione di Fanteria, una del Reggimento 
                              d’Artiglieria, due del Corpo dei Genieri, due 
                              della Forza Aerea dell’ Esercito, una della Scuola 
                              dei Cadetti e  nove dei  differenti reggimenti 
                              della Guardia Rurale, per un totale di 20 unità. 
                              Nelle  settimane successive si sarebbero  
                              aggregate  compagnie, sino a raggiungere il gran 
                              totale di 55 unità che avrebbero partecipato nella 
                              zona delle operazioni per tutto lo sviluppo  
                              dell’offensiva. La maggior parte di queste nuoves 
                              compagnie erano formate, indistintamente, da 
                              soldati di relativa anzianità  e da reclute, in 
                              proporzione variabile secondo il caso. 
                              
                              Il 25  maggio, primo giorno dell’offensiva, il 
                              nemico contava già con non meno di 7.000 uomini 
                              disponibili per l’esecuzione diretta del piano di 
                              operazioni, e giunse a mobilitare, in totale, 
                              circa 10.000 uomini. 
                              
                              Per combattere  il torrente di soldati che ci 
                              veniva contro,  il Primo Fronte della Sierra 
                              Maestra era riuscito a riunire per la data circa 
                              220 uomini con armi da guerra, includendo il 
                              personale della colonna del Che, organizzato in 
                              plotoni e squadre, molte tra queste con capi  
                              nuovi, senza grande esperienza, ma con 
                              un’eccellente disposizione ed un  gran rispetto. 
                              Altre piccole  unità della Colonna 3 del 
                              comandante Juan Almeida,  comandate da Guillermo 
                              García, si stavano già  incorporando alla difesa, 
                              e  circa 40 uomini dell’intrepida truppa di 
                              Camilo, i primi combattenti del piano, marciavano 
                              verso la Sierra Maestra. 
                              
                              Insieme saremmo stati circa  300. Questo libro 
                              contiene la narrazione sintetica ed assolutamente 
                              fedele di quello che avvenne. 
                              
                              (Continua)
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