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                              La vittoria strategica La Battaglia de Las Mercedes: i 
								primi quattro giorni dell’ accerchiamento
 (Capitolo 23)
 
 Fidel Castro Ruz
 
								
								Lo stesso  29 luglio, quando disposi il 
								trasferimento di  Daniel all’imboscata di 
								contenimento delle truppe di  Arroyón, e quello 
								di Guillermo e Lalo all’imboscata contro 
								l’eventuale rinforzo nemico, inviai altre forze  
								ben equipaggiate verso Las Mercedes. In essenza, 
								l’operazione a Las Mercedes era concepita con lo 
								stesso schema già provato con successo in 
								occasioni precedenti, cioè un accerchiamento 
								della truppa principale e una forte linea di 
								contenzione e di blocco di qualsiasi possibile 
								rinforzo che potesse andare in aiuto alle truppe 
								accerchiate Ma in questo caso dovevamo fare 
								nuove considerazioni. 
								
								 Prima di tutto l’operazione a Las Mercedes si 
								doveva sviluppare in un terreno con 
								caratteristiche differenti. Il rilievo a 
								Mercedes, anche se non completamente piano, era 
								molto meno accidentato che all’interno della 
								montagna. 
								
								Il piccolo paese di Las Mercedes, dov’era 
								accampata la forza nemica, era quasi circondato 
								nella totalità da piccole ondulazioni in colline 
								di pascoli nella maggioranza, senza montagna. A 
								Sudovest, le alture di La Güira 
								- dove Cuevas aveva sostenuto un vittorioso 
								combattimento il 19 giugno – e  di Jigüe – un 
								altro  Jigüe, ovviamente, non quello della 
								grande battaglia del Sud – chiudevano ad arco il 
								panorama.  
								
								A sudest, a partire dallo stesso villaggio,  il 
								terreno si elevava in forma repentina verso le 
								alture di El Moro a, più in là, la collina di El 
								Gurugú, posizioni che erano state occupate in 
								momenti precedenti dalle squadre di Raúl Castro 
								Mercader e di altri capitani  ribelli nel 
								passaggio verso la cima della Maestra nella zona 
								di  San Lorenzo. Senza dubbio, a est il terreno 
								scivolava rapido verso il piano, con 
								destinazione alla zona di Bajo Largo e,  più in 
								là, El Jíbaro e Jibacoa. 
								
								Verso nord, Las Mercedes era separata 
								
								dal piano dal lungo arco della collina 
								
								La Herradura, 
								dove aveva sostenuto la sua prima efficace 
								resistenza la squadra di Angelito Verdecia, il 
								primo giorno dell’offensiva nemica nel settore. 
								
								In secondo luogo, partendo dalla premessa che 
								qualsiasi rinforzo che tentasse di soccorrere 
								una truppa situata a Mercedes avrebbe percorso, 
								con maggior probabilità il cammino dei carri da 
								Estrada Palma e dal Cerro, sino a questo 
								villaggio, l’operazione contro il rinforzo si 
								sarebbe sviluppata in un terreno completamente 
								piano e sprovvisto di vegetazione boscosa 
								significativa.  
								
								Poi le stesse caratteristiche del terreno e 
								l’esistenza di questo cammino avrebbero permesso 
								al nemico d’utilizzare tutti i mezzi 
								meccanizzati di cui poteva disporre in quel 
								rinforzo. Mi sto riferendo non solo a camion e 
								carri leggeri, ma anche a mezzi pesanti. 
								 
								
								Era una possibilità ben concreta che 
								necessariamente doveva figurare nei nostri 
								piani. In conseguenza, dovevamo trarre il 
								maggior profitto da quante mine potevamo 
								piazzare lungo il cammino, e a quanti bazooka 
								tra quelli catturati che avremmo utilizzato, per 
								i quali il grande inconveniente era la mancanza 
								di personale addestrato all’uso  di quest’arma. 
								
								Il regime di Batista non poteva resistere 
								all’accerchiamento e alla distruzione del suo 
								più famoso battaglione da combattimento, il 
								numero 11, e del suo più esperto capo,  già 
								praticamente nelle nostre mani. Inoltre non 
								impedirono la cattura della loro batteria di 
								obici e del resto delle forze assediate ad 
								Arroyones. 
								
								Consioderando questi fattori il 29 lulgio quandi 
								disteibuii i 250 uomini che aveva oporto conme 
								sino a  La Llorosa, 
								destinai non meno di 100 di loro all’operazione 
								a Las Mercedes. Avevo deciso si  assegnare al 
								che la direzione dell’accerchiamento Il giorno 
								dopo la cattura della truppa di Vegas mentre si 
								sviluppavano le azioni a Jobal e Cuatro Caminos, 
								il Che si mosse con tutti l suo personale verso 
								Las Mercedes, e coperse tutto il settore sud 
								dell’accerchiamento, dall’altura di El Moro a 
								quella di Jigüe. Lì il Che divise le posizioni 
								tra le squadre di  Joel Iglesias, José Ramón 
								Silva ed altri capi, che poi parteciparono alla 
								colonna dell’invasione.   
								
								Cominciava a disegnarsi l’accerchiamento, anche 
								non lo si poteva considerare ancora completo 
								nella zona più piana. Per rafforzarlo in quello 
								stesso settore, la mattina del 31 luglio inviai 
								una squadra comandata da Reinaldo Mora, che si 
								ubicò sul cammino  di El Jíbaro, in previsione 
								di qualsiasi avanzata nemica dal Cayo Espino, 
								per il cammino di Purial di Jibacoa e di El 
								Jíbaro. 
								
								In quanto al blocco del rinforzo, decisi di 
								 collocare la linea principale all’altura di Sao 
								Grande, a due chilometri approssimati da 
								
								La Herradura, 
								già in pianura. Era, a mio giudizio, il luogo 
								più conveniente lungo tutto il tragitto o, 
								dicendolo meglio, quello con i minori 
								inconvenienti. In quel punto il cammino 
								attraversava il piccolo villaggio di Sao 
								Grande e, per lo meno, presentava alcune  curve 
								che potevano facilitare una certa sorpresa di 
								fronte all’avanzata nemica. 
								
								Inviai là inizialmente Félix Duque, il 
								Vaquerito, Luis Crespo, Eddy Suñol e altri 
								gruppi. in totale, circa 50 uomini ai quali 
								quella notte si unì il combattente Felipe 
								Cordumy provvisto di un bazooka. Poco dopo  
								disposi il trasferimento di Crespo e la sua 
								squadra per rafforzare ulteriormente il settore 
								sudest dell’accerchiamento a Las Mercedes, che 
								mi sembrava il più vulnerabile. 
								
								In quello stesso giorno delle azioni a Jobal e 
								Cuatro Caminos, senza perdere un minuto, indicai 
								il trasferimento di Guillermo e dei combattenti 
								più vecchi delle forze di Daniel, subordinate a 
								Pinares, in una zona difficile dell’assedio di 
								Las Mercedes: le colline attorno al cimitero, 
								tra il villaggio e il pendio inferiore della 
								collina La Herradura. Non si doveva essere 
								indovini per prevedere che quello sarebbe stato 
								il settore  in cui il nemico avrebbe cercato di 
								rompere l’accerchiamento, dato che si trattava 
								della direzione che lo avrebbe portato  in 
								maniera diretta alla relativa protezione delle 
								forze accampate al Cerro e  in Estrada Palma. 
								Era quindi il settore che doveva essere più 
								rinforzato. 
								
								L’altra forza della riserva, quella di Lalo 
								Sardiñas, fu spostata quella stessa notte verso 
								l’altura di Jigüe, con l’istruzione di 
								appoggiare Guillermo nel caso di un tentativo di 
								rottura dell’accerchiamento nel settore del 
								cimitero. 
								
								Va ricordato che i plotoni di Guillermo García e 
								Lalo Sardiñas erano stati piazzati il giorno 
								prima a Cuatro Caminos, come parte 
								dell’operazione contro la truppa di Arroyón. 
								
								Tutti quei movimenti si realizzarono anche se in 
								quella notte del 30 luglio non avevamo ancora la 
								certezza della presenza nemica a Las Mercedes, 
								 dato che avevamo ricevuto alcune informazioni 
								confuse sul fatto che le guardie avevano 
								evacuato la posizione  assieme a quelle di 
								 Arroyón. Per chiarire il fatto, quella stessa 
								notte, mentre io mi muovevo  nella zona di 
								Jigüe, attorno a Las Mercedes, il Che inviò Raúl 
								Castro Mercader con alcuni uomini a realizzare 
								un’esplorazione nelle vicinanze dell’ 
								accampamento nemico, e il risultato fu che in 
								effetti a Las Mercedes tuttavia restava un buon 
								numero di soldati. 
								
								Alle  2:10 della notte del 31 luglio, il Che 
								inviò un messaggio a Camilo, che si trovava 
								ancora su un pendio della collina La Llorosa, 
								informandolo: 
								
								“A las Mercedes restano guardie, le 
								attaccheremo. Avvisa Fidel che mobiliti il  
								mortaio, che ci sarebbe molto utile, e anche tu 
								potresti scendere, dato che lì non fai niente. 
								La tripode, soprattutto ci servirebbe davvero. 
								
								Dobbiamo entrare in contatto con Fidel. Daniel è 
								morto alle 6 del pomeriggio. 
								
								Mandami il detonatore della bomba con tutta 
								urgenza”. 
								
								Poco dopo, alle  3.30 della stessa notte, Camilo 
								rispose: 
								
								“Che, il detonadore lo ha preso Fidel, con la 
								bomba. Cercherò di mettermi in contatto con lui, 
								ma non è venuto nessuno e non so dove si può 
								trovare. Devo lasciare qui alcuni uomini, per 
								far sì che se giungono dei messaggi, ce li 
								rimandino immediatamente  
								
								Adesso  mobiliterò gli uomini per farli scendere 
								il più rapidamente possibile. 
								
								Dovremo cercare Fidel a casaccio, perchè non ho 
								nessuno, credo, che conosce il cammino”. 
								 
								
								In quella stessa risposta, Camilo avvertiva il 
								Che sui suoi piani d’attacco: 
								
								[...] 
								
								devi fare molta attenzione avanzando, e anche i 
								piani di Fidel erano di cercare le guardie a las 
								Mercedes. Attento con una confusione e che ti 
								attacchino credendo che sono truppe nemiche. Non 
								mi convince la più sicura avanzata senza 
								coordinare i piani”. 
								
								Nella  notte del 30 luglio, in effetti il Che e 
								Camilo persero il contatto  con me per alcune 
								ore. Io mi ero apostato verso l’altura  di 
								Jigüe, dietro a Las Mercedes  quella stessa 
								notte. Mi accompagnavano  40 combattenti, tra i 
								quali  Pedro Miret con due mortai e la 
								mitragliatrice  50 di Curuneaux. La mia 
								intenzione era bombardare con i mortai le 
								posizioni nemiche all’alba. Alla fine non lo 
								facemmo; da una parte, per timore dell’ 
								inesperienza dei nostri improvvisati “mortaisti” 
								ed anche perchè ci rendemmo conto che i 
								proiettili dei mortai da 60 millimetri erano in 
								cattivo stato. 
								
								Anche se non avevano mie notizie, Camilo e i 
								suoi uomini si prepararono immediatamente nella 
								notte del  30 luglio per abbandonare La Llorosa 
								ed avanzare verso  Las Mercedes, compiendo le 
								indicazioni del Che, che alle 6.45 della mattina 
								del 31 luglio rispondeva a Camilo sulla  sua 
								preoccupazione che gli sparassero addosso i 
								ribelli: 
								
								“L’attacco è coordinato, dato che sono in 
								contatto con la gente di Suñol, e attraverso lui 
								con Huber;  ho anche contattato  Lalo e 
								Guillermo. Las Mercedes è assediato, e non 
								sappiamo quanti soldati ci sono, comunque hanno 
								buone trincee e sono ben distribuiti. Il 
								problema del detonatore è grave perchè non posso 
								entrare in contatto con nessuno che ne abbia uno 
								buono ed è la garanzia che  Suñol non lascerà 
								passare rinforzi e truppe là dentro. In questo 
								momento sto dando istruzioni precise perchè non 
								si spari un tiro se cercano d’uscire. 
								 
								
								Tu puoi venire di notte e mandare questo piano a 
								Fidel. I lavori di riparazione del carro armato 
								non sono andati avanti per questi problemi e 
								tempo che me lo guastino”.  
								
								Il piano a cui si riferiva  il Che era uno 
								schizzo fatto da lui con le prime posizioni 
								dell’accerchiamento. 
								
								Il Che aveva deciso d’iniziare le azioni quella 
								stessa notte anche se le guardie non avessero 
								fatto movimenti di sorta durante il giorno. 
								Informò di questo Camilo nello stesso messaggio: 
								"Stanotte potremo attaccare coordinatamente alla 
								stessa ora tutte le postazioni. Passalo". 
								
								Dal suo arrivo a Las Mercedes il 26 maggio, il 
								comandante Corzo Izaguirre, capo del Battaglione 
								 17, aveva installato il suo Comando nel centro 
								stesso del villaggio, in una buona casa che 
								apparteneva a Sarita Álvarez, che prestò 
								innumerevoli servizi alle nostre forze. Da lí, 
								Corzo aveva goduto per due mesi una presenza  
								relativamente tranquilla. Ma era giunto il 
								momento d’entrare in azione e lui lo sapeva.
								 
								
								Dopo gli avvenimenti dei giorni precedenti, il 
								comandante Corzo era cosciente che ogni minuto 
								di permanenza a Las Mercedes andava contro 
								l’integrità della sua truppa, e non aveva  altra 
								alternativa che scappare dalle montagne. 
								
								Prima di proseguire devo segnalare che dopo la 
								liberazione di Las Mercedes, la casa di Sarita 
								Álvarez fu utilizzata durante varie settimane 
								dal Che come suo  posto di comando, e fu dove 
								terminò di riorganizzare la sua Colonna 8 Ciro 
								Redondo, per l’invasione in Occidente. In quel  
								luogo  si effettuò la seconda consegna dei 
								prigionieri, soprattutto le guardie catturate a 
								Vegas al termine della battaglia. Nel portale di 
								quella  casa morì, alla fine d’agosto il 
								combattente di Manzanillo Beto Pesant, per 
								l’esplosione di un obice di mortaio che gli 
								scoppiò tra le mani mentre cercava di 
								disarmarlo. 
								
								Furono prese bene a tempo tutte le disposizioni 
								preparatorie dell’accerchiamento perchè il 
								comandante Corzo, senza pensarci due volte, 
								tentò il 31  luglio, il giorno dopo il 
								Combattimento di Jobal e la fuga del Battaglione 
								23, riuscire dalla trappola per topi in cui 
								s’incontrava. Con quella azione iniziò 
								
								la Battaglia 
								di Las Mercedes, l’ultima operazione della la 
								famosa offensiva, che durò tutta una settimana, 
								durante la quale non si smise ricombattere 
								nemmeno un solo giorno. 
								
								Alle 9.00 di mattina, il Battaglione 17 tentò di 
								rompere l’accerchiamento.  
								
								Iniziò il combattimento che durò tutto il giorno 
								sino al tramonto e nonostante il suo sforzo, il 
								nemico fu nuovamente respinto verso Las 
								Mercedes. Nel  comunicato di guerra trasmesso da 
								Radio Rebelde il 1º  agosto, s’informava quanto 
								segue: 
								
								“La battaglia è continuata per tutto il giorno 
								di ieri, la notte e l’alba di oggi. Rinforzi 
								nemici sono in marcia da Estrada Palma, in uno 
								sforzo disperato per impedire che questo 
								battaglione soccomba a sua volta di fronte alla 
								spinta trascinante delle nostre forze. La 
								battaglia si  svolge con l’uso dell’aviazione, 
								dei carri armati e dell’artiglieria da parte del 
								nemico, e con l’utilizzo di mortai e bazooka da 
								parte nostra. La lotta si volge già in pianura, 
								sempre più distante dal massiccio montagnoso 
								della Sierra Maestra”.  
								
								In realtà noi stavamo anticipando un poco i 
								fatti.  Quel giorno non ci fu nessun 
								combattimento contro nessun rinforzo e non 
								dovemmo usare nemmeno il bazooka. Anche se 
								sembrava incredibile, il comando nemico non 
								aveva fatto il minor tentativo per andare in 
								aiuto delle truppe che cercavano disperatamente 
								di scappare.  L’unica conclusione che si poteva 
								trarre, era che non avevano ancora riunito in 
								Estrada Palma le forze che consideravano 
								sufficienti. Chissà, forse stavano aspettando 
								l’arrivo da Bayamo dei carri armati pesanti  
								Sherman. 
								
								Alla fine di quello stesso comunicato, in 
								verità, Radio Rebelde annunciò in forma 
								sbagliata per proprio conto: 
								
								“Reiteriamo  il nostro richiamo urgente alla 
								Croce Rossa Internazionale, perchè invii 
								delegati alla fabbrica di zucchero  Estrada 
								Palma per consegnare  160 prigionieri, molti dei 
								quali sono feriti, alcuni gravemente”. 
								
								Dove non esagerava del tutto, l’informazione di 
								Radio Rebelde, era su quello che riguardava 
								l’utilizzo dei mortai da parte nostra, perchè 
								aveva già comunicato che cercavamo di 
								utilizzarli dalla notte del 30 luglio. 
								 
								
								Lo stesso  31 luglio, mentre si sviluppavano i 
								primi combattimenti, ricevetti per mezzo di due 
								guardie prigioniere, un’informazione esatta, 
								cioè che le truppe assediate erano circa 370 
								soldati con abbondanti armi, includendo un carro 
								armato leggero  T-17, due bazooka, due mortai da 
								81 millimetri e 12 mitragliatrici  calibro 30. 
								Inoltre erano fortemente trincerati in posizioni 
								strategiche che, sia attaccando, sia prese 
								d’assalto, avrebbero avuto come risultato un 
								alto costo di vite. Per quello ordinai a tutte 
								le forze ribelli di costruire trincee e iniziare 
								a perseguitare e ridurre sistematicamente 
								l’accampamento nemico.  
								
								Avevo anche deciso, coincidendo con il criterio 
								del Che, che le posizioni precedenti di Camilo a 
								La Llorosa e a El Mango mancavano già di senso, 
								dopo la resa della truppa nemica a Vegas de 
								Jibacoa. Senza dubbio nello schema che era 
								disegnato figurava l’invio di Camilo in 
								sostituzione di Lalo e Guillermo, nelle loro  
								posizioni a Cuatro Caminos. A mio giudizio 
								quelle posizioni in quel luogo erano un punto 
								chiave nel combattimento contro il rinforzo, 
								dato che, giunto il momento, non solo  avrebbero 
								fatto pressione sul fianco, ma potevano anche 
								avvolgere il rinforzo nella retroguardia. Per 
								quel motivo, la mattina, all’alba del 31 luglio, 
								riuscii ad intercettare il movimenti di  Camilo 
								verso Las Mercedes con l’ordine di prendre 
								posizione a   Cuatro Caminos per agire contro i 
								rinforzi. 
								
								Alle 13, nel primo pomeriggio dello stesso 31, 
								Camilo ricevette la notizia del mio arrivo alla 
								segheria di Jobal Arriba.  Inmediatamente  mi 
								informò con un messaggio: 
								
								[...] 
								
								si sta combattendo  a Las Mercedes da stamattina 
								e abbiamo due feriti non gravi.  Qui ci sono 
								Guillermo e Lalo, e da tempo è 
								arrivato[Reinaldo] Mora. Le invio il piano che 
								mi ha mandato il Che. 
								
								Necessitamo un detonatore. Tutto  marcia bene. 
								Il prossimo speriamo di mandarlo da Bayamo”. 
								
								Alle 13.10 del pomeriggio, prima di ricevere 
								questo messaggio da Camilo, avevo scritto al 
								Che: 
								
								“Da stamattina ho pronte l’artiglieria e la 50, 
								e 40 uomini. Sono 
								
								situato in un’altura da dove si vede la zona del 
								combattimento. 
								
								Ma è impossibile muovere i muli senza che gli 
								aerei li vedano. 
								
								Sui mortai 60 si può appena contare perchè 
								esplode uno su cinque obici. Per questo non 
								abbiamo potuto bombardarli ieri mattina. Ma 
								spero che l’81 dia ottimi risultati.  
								
								Dobbiamo mantenere immobili le guardie sino a 
								questa notte. Nel pomeriggio avrò questa truppa 
								custodendo l’entrata di qualsiasi rinforzo da 
								Cuatro Caminos e nella notte  la muoverò per 
								preparare un attacco con l’appoggio del mortaio.
								 
								
								Stamattina ho mandato un plotone con Reinaldo 
								Mora verso  las Mercedes. 
								
								Guillermo ha presa lo stessa rotta. Con Lalo non 
								ho contatto ma lui sapeva che si doveva muovere 
								da quella parte”. 
								
								E, alla fine, gli comunicavo: 
								
								“Giudicando dalle comunicazioni intercettate, 
								Corzo è quello che si trova assediato a Las 
								Mercedes. Il caro armato sembra che abbia 
								sofferto tre colpi ed hanno perso le munizioni 
								per  le mitragliatrici 30 e gli aghi per le 
								Cristóbal.  
								
								Io salirò per il cammino di Arroyones verso la 
								collina di Jigüe, eccetto se le guardie si 
								muoveranno ed in questo caso cercheremo 
								d’intercettarle per qualsiasi direzione”. 
								 
								
								E in un postscriptum,  aggiungevo: " Stavolta 
								credo che ti darò l’occasione per strapparmi un 
								molare che mi sta dando molto fastidio". 
								
								Dal mio posto di comando a Jobal Arriba, seguivo 
								in continuazione  i movimenti del nemico con 
								l’apparecchio a microonde catturato. Così alle 
								15.50, nel pomeriggio ebbi la possibilità 
								d’inviare un messaggio al Che, nel quale 
								l’informavo:  
								
								“Viene un rinforzo con due carri armati, anche 
								non se non so il punto esatto, ma suppongo che 
								sia per il cammino di Sao Grande. Un carro 
								armato diceva all’altro di prendere precauzioni 
								“soprattutto nell’attraversare il fiume". 
								
								Anche se verrà il rinforzo e riuscisse ad 
								entrare, il fatto è questione di bazooka. 
								 
								
								Io credo che dobbiate andare nel punto in cui 
								dovrà venire il rinforzo. 
								
								Stanotte possiamo mettere l’attacco generale 
								appoggiato dai mortai”.  
								
								E terminavo: "Ho ricevuto il piano. Starò là 
								verso le 20.15, stasera.". 
								
								Ma fu solamente verso le 21.00, già di notte, 
								quando riuscii ad arrivare assieme ai 
								combattenti che mi accompagnavano sull’altura di 
								Jigüe. Lì presi rapidamente contatto con il Che. 
								Lo informai delle misure adottate, includendo 
								l’invio di  Camilo a Cuatro Caminos, e conobbi i 
								dettagli dell’accerchiamento del truppe di Las 
								Mercedes. 
								
								Dopo uno scambio d’impressioni sulla situazione, 
								il Che partì con Pedro Miret e la squadra di 
								mortai, con l’intenzione di ubicarli dove 
								potessero  realizzare all’alba  un attacco 
								all’accampamento nemico. 
								
								Miret occupò le posizioni per cominciare 
								l’attacco, ma la mancanza di un’esplorazione 
								precedente del terreno, fece sì che i primi 
								spari non furono efficaci. In vista di quello, 
								Pedrito decise di ritirarsi per non continuare a 
								sprecare pallottole ed in attesa di poter 
								localizzare bene gli obiettivi nemici.   
								
								Quella mattina il Che ordinò di realizzare una 
								nuova esplorazione dell’accampamento nemico a 
								Las Mercedes,  stavolta a carico di una 
								pattuglia appartenente al plotone di Lalo 
								Sardiñas, comandata da Silvio García Planas. Il 
								gruppo si avvicinò  tanto al settore delle 
								guardie che l’alba li sorprese in una posizione 
								compromettente sulle rive del fiume Jibacoa, da 
								dove non potevano ritirarsi senza il rischio d’ 
								essere scoperti. 
								
								Silvio e i suoi uomini restarono intrappolati e 
								si videro obbligati a rimanere nascosti tutto il 
								giorno sulle rive del fiume Jibacoa, per tentare 
								di  retrocedere al cadere della notte. 
								 
								
								Alle 5.25 di mattina, il Che m’inviò il seguente 
								rapporto: 
								
								“Abbiamo ricevuto  notizie degli uomini e uno  
								di loro è venuto. Era entrato nel fiume e non ha 
								potuto uscirne sino alla notte. 
								
								Nel carro armato  [...] devono avere un’altra
								
								
								microonde; sarebbe molto importante per me per 
								poter prendere  determinazioni rapide. 
								
								Dagli altri luoghi non sono giunte notizie. Il 
								male è che Pedrito e i suoi se ne sono andati  e 
								adesso non possono studiare la posizione per 
								sparare e di notte succedono cose come  quella 
								di oggi.  Il caro armato leggero sarebbe 
								utilissimo di giorno, ma di notte conserve a 
								nulla, perchè non può giungere alla posizione 
								dei soldati e quelli sono molto ben trincerati e 
								sono almeno 50 su quella cima. Quello che si 
								potrebbe fare è prendere Las Mercedes,  ma  
								necessita l’appoggio del bazooka per il suo 
								collega”. 
								
								Il Che si riferiva al carro armato leggero 
								catturato a  Vegas de Jibacoa, che cercavamo di 
								far funzionare da allora, per incorporarlo alla 
								battaglia.  
								
								All’alba l’aviazione cominciò a mitragliare le 
								posizioni ribelli, anche se senza risultati 
								apprezzabili. Quel giorno il nemico non realizzò 
								tentativi per rompere l’accerchiamento e le 
								forze ribelli continuarono  a perseguitare il 
								loro accampamento.  
								
								Il Che ordinò di piazzare la mitragliatrice  50 
								di Curuneaux, maneggiata nell’occasione da  
								Gonzalo Camejo, su una cima vicina, ma la  sua 
								dotazione  si sbaglio e si sistemò in una 
								posizione troppo scoperta, facile ai colpi 
								dell’aviazione e al fuoco delle mitragliatrici 
								30 e dei mortai nemici, sistemati in punti ben 
								fortificati,  per cui decisero di ritirarsi 
								immediatamente. Alle 9.30 il Che mi informò  del 
								risultato  improduttivo di quella manovra: 
								
								“L’aviazione non ha sparato troppo, ma tutto, da 
								parte nostra, è stato una merda. 
								
								La cima che avevo segnalato  non era quella e  
								risultò che la 50 stava sotto il fuoco delle  
								30, senza trincee e con i  mortai che stavano 
								sparando da tutte le parti”. 
								
								Quel pomeriggio, compiendo le istruzioni di 
								Guillermo, Huber Matos avanzò le sue posizioni 
								nella collina La Herradura, stringendo un pò di 
								più il cerchio 
								attorno all’accampamento nemico. 
								
								Nel  mio posto di comando, ascoltai con 
								l’apparecchio a microonde che i rinforzi nemici 
								erano in cammino da  Estrada Palma, nel 
								tentativo d’impedire che il battaglione 
								accerchiato a Las Mercedes soccombesse 
								all’impeto ribelle. Quel pomeriggio inviai un 
								messaggio a Suñol avvisandolo di tutto quello e  
								aggiunsi: 
								
								Confido che non lasceranno passare da lì [per 
								Sao Grande] le guardie. 
								
								Trincerati bene. Questa battaglia  si vince non 
								lasciando passare i rinforzi.  
								
								Nel lato di  Cuatro Caminos abbiamo una truppa 
								forte. 
								
								C’è una pattuglia incaricata di perseguitare le 
								guardie nella retroguardia, quando si 
								scontreranno con te”. 
								
								La forte truppa a Cuatro Caminos era, come ho 
								già detto, quella di Camilo. 
								
								La 
								
								pattuglia era una squadra guidata da Rafael 
								Verdecia,  Pungo. 
								
								Il 2 agosto, il terzo giorno della battaglia, le 
								guardie a Las Mercedes tentarono di nuovo tre 
								volte di rompere il cerchio, e tre volte furono 
								respinte dagli uomini di Guillermo, e obbligate 
								a ritornare alle loro trincee. Quel giorno il 
								Che consigliò a Guillermo: 
								
								“Se fosse  possibile, lascia andare un pò della 
								truppa per attaccarla fuori dalle loro trincee. 
								Sospendi gli spari non necessari. Attento ai 
								carri armati, ce ne sono due sotto, ma quello in 
								alto sembra sia avariato.  
								
								Se riescono ad andarsene, dovete catturarli 
								andando dietro a loro sin dove andranno”. 
								 
								
								Il Che stava già prevedendo la possibilità che 
								un rinforzo appoggiato dai carri pesanti 
								 Sherman  - sapevamo già del loro arrivo a 
								 Estrada Palma - potesse rompere il cerchio 
								ribelle e liberare la truppa assediata. Per 
								quello la sua indicazione di perseguitare 
								implacabilmente le guardie in ritirata, sino 
								allo stesso Estrada Palma, se fosse stato 
								necessario. In quanto al carro armato leggero  
								ubicato a Las Mercedes, quel giorno fu 
								inutilizzato definitivamente da un colpo di 
								bazooka sparato dall’altura di El Moro, dal 
								combattente Herman Marks, nordamericano della 
								truppa del Che, con esperienza nel maneggio dei 
								bazooka per la sua partecipazione alla guerra di 
								Corea. Quel carro nemico si trova ancora a Las 
								Mercedes, nello stesso  luogo in cui ricevette 
								il colpo devastante di bazooka, come testimone 
								materiale della vittoria ribelle contro 
								l’offensiva.  
								
								L’aviazione continuò attaccando con persistenza 
								le posizioni ribelli. 
								
								Quel giorno gli attacchi aerei  provocarono la 
								morte del tenente Godofredo Verdecia, della 
								truppa di Guillermo, e fu ferito anche il 
								combattente Félix Mendoza, delle forze del Che. 
								Indubbiamente durante  tutta la giornata, 
								nonostante gli attacchi dell’aviazione nemica, 
								le forze ribelli continuarono a perseguitare a 
								tiri il battaglione accerchiato.  
								
								In vista del fallimento del tentativo di 
								utilizzo della mitragliatrice 50, dal mio posto 
								di comando a Jobal Arriba, mandai a cercare 
								molto presto Braulio Curuneaux e la dotazione 
								della mitragliatrice. Per me era chiaro che 
								quell’arma poteva essere più efficace nel 
								combattimento contro il rinforzo. 
								
								La mia intenzione era riunirmi con Curuneaux 
								nella segheria dei González, per dargli  
								istruzioni precise e inviarlo quella stessa 
								notte alla sua nuova posizione. 
								
								Anche se tutto sembrava indicare che lo sforzo 
								principale per soccorrere la truppa assediata 
								sarebbe giunto dalla direzione di Estrada Palma, 
								non si poteva tralasciare   la possibilità che 
								il comando nemico tentasse uno sforzo secondario 
								dalla  direzione  di Cienaguilla e El Jíbaro, 
								dov’erano concentrate alcune forze. Per quello, 
								poco dopo mezzogiorno, mandai al Che il seguente 
								messaggio:  
								
								“ Ho appena ricevuto due note tue su Fonso 
								[Alfonso Zayas] e il fatto del mortaio. 
								
								Io avevo suggerito il suo invio nella zona di 
								Cienaguilla, considerando che quella era una 
								truppa chiamata per essere inviata di rinforzo e 
								mi  pareva conveniente che appena si muovesse 
								incontrasse resistenza e non potesse arrivare 
								facilmente a  Jíbaro.  Dato che loro hanno 
								ritirato le truppe da Purial [di Jibacoa] non mi 
								pare la cosa più logica che adesso tentino 
								d’inviare rinforzi per la stessa via. 
								 
								
								Hai fatto bene secondo me a ritenere  Fonso fino 
								a che non sarà  rinforzato  Silva. Una volta 
								fatto questo, io credo che Fonso si debba 
								approssimare il più possibile a Cienaguilla 
								imboscandosi nel cammino che viene da questa 
								parte.  Ho incaricato Guerrita [Felipe Guerra 
								Matos] di preparare un’imboscata alla 
								retroguardia di Cienaguilla. Se tu non consideri 
								sufficientemente forte la linea da quel lato, 
								raccogli gli uomini che stanno da quel lato  e 
								utilizza anche quelli che stanno tra Las 
								Mercedes e la Maestra, 
								perchè è virtualmente lì che non ci servono 
								assolutamente”. 
								
								Ricevetti l’informazione su quello che era 
								avvenuto quel pomeriggio, cioè che le truppe 
								nemiche stazionate a Purial de Jibacoa si erano 
								ritirate. La notizia me la portò Felipe Guerra 
								Matos, che agiva come una sorta di secondo, al 
								comando della colonna di Crescencio Pérez. Come 
								si ricorderà, Crescencio aveva ricevuto 
								l’incarico di coprire precisamente gli accessi a 
								Las Mercedes dalle zone pianeggianti  a sudest 
								del villaggio. Quella notte scrissi al Che: 
								
								“Guerrita è quí. 
								
								M’informa che due giorni fa le truppe di  Purial 
								se ne sono andate. Il plotone di Alfonso (Zayas) 
								si deve dedicare a perseguitare  la truppa di 
								Cienaguilla, avanzando e cercando di porre un 
								imboscata alla retroguardia. 
								
								Se questa operazione non è già più possibile da 
								realizzare per una pattuglia di Guerrita, allora 
								che Fonso si situi imboscato, il più vicino 
								possibile a quella truppa nel cammino che porta 
								qui. Mora e Crespo si devono situare nel punto 
								accordato per prevedere qualsiasi avanzata da 
								Cayo Espino per il cammino di Purial e Jíbaro”. 
								
								In realtà, quello che accadde  fu il movimento 
								delle forze nemiche disposte nel nuovo piano di 
								operazioni, firmato il 26  luglio nel posto di 
								comando di Bayamo, al quale abbiamo già  fatto 
								riferimento in capitoli precedenti. Tra le 
								disposizioni  di quel piano  figurava che il 
								Battaglione 12 di Fantería si doveva ritirare da 
								Purial di Jibacoa in direzione di Cienaguilla. 
								
								Quel giorno, il 2 agosto, decisi anche di 
								applicare una tattica simile a quella utilizzata 
								nella Battaglia di Jigüe, che consisteva nel 
								sospendere completamente il fuoco 
								nell’accerchiamento, con il fine di confondere 
								il nemico e fargli credere che le  forze ribelli 
								si erano ritirate, provocando l’uscita delle 
								guardie dalle loro trincee.  
								
								Alle 16.00, nel pomeriggio, inviai il seguente 
								messaggio al Che: 
								
								“ Qui ci sono due mortai e un esperto, l’altro è 
								malato. Lalo ha una ragazzo che si chiama Emilio 
								[Rodríguez], che sa utilizzare bene il mortaio, 
								perchè è stato con Pedro [Miret] Molto tempo ed 
								è molto coraggioso. Cerca di localizzarlo da 
								parte tua e cercherò anch’io di trovarlo. 
								
								Se sospendiamo totalmente il fuoco 
								nell’accerchiamento è meglio che si usi la 50 
								contro i rinforzi; non facciamo niente sparando 
								con i fucili se si spara con la 
								
								50. In 
								cambio questa là sotto può fare molta paura. I 
								mortai li hanno lì per usarli in qualsiasi 
								tentativo d’uscita delle guardie”.    
								 
								
								A quell’altezza tutti i tentativi di riparare e 
								far camminare il carro armato leggero catturato 
								a Vegas erano stati infruttuosi, ma io 
								continuavo ad insistere. Quel pomeriggio disposi 
								il trasferimento del carro con l’aiuto di un 
								trattore, verso il mio posto di comando a Jobal 
								Arriba, per continuare  a cercare di ripararlo. 
								Lo comunicai ad Arturo Aguilera alle 18.45, nel 
								pomeriggio:  
								
								"Sono vicino al carro armato. Penso di andare 
								alla segheria stanotte e portarlo là. Voglio che 
								portino il trattore per trasferirlo il più 
								presto possibile”.  
								
								In un messaggio a Guillermo inviato alle 21.00, 
								nella notte del 2 agosto, lo informai della 
								nuova tattica da seguire: 
								
								“Seguiremo una tattica simile a quella usata a 
								Jigüe. Smettiamo di sparare completamente per 
								far credere alle guardie che ce ne siamo andati. 
								Passa l’avviso a tutti gli uomini da questa 
								parte. Nessuno deve sparare. Tutti devono fare 
								in modo di non farsi vedere e che le guardie non 
								osservino la loro presenza. Devono stare attenti 
								se cercano di scappare da qualche parte, così 
								risparmiamo munizioni e confondiamo il nemico”. 
								 
								
								Così come avevo indicato, dopo aver cercato il 
								combustibile per il trattore, questo cominciò a 
								muovere il carro armato leggero, lentamente, ma 
								un forte acquazzone lo fece scivolare nel fango 
								e fu impossibile continuare.  
								
								Alle 23.45, molesto per il nuovo contrattempo, 
								informai Camilo: 
								
								“Da due giorni aspettavo il maledetto carro 
								armato per fare un’incursione a fondo tra la 
								retroguardia del nemico. Pedrito deve bombardare 
								questa notte  Estrada Palma da  2 Grúas, per 
								complicare e molestare la concentrazione delle 
								truppe nemiche”.  
								
								E per ultima una raccomandazione:  
								
								“ Ti mando una mina, detonatore, cavo e 
								fulminante; ricorda che la mina anticarro va 
								messa nel mezzo del cammino e interrata”. 
								
								Quella era la situazione all’alba del quarto 
								giorno della battaglia, Durante quella notte  le 
								posizioni ribelli che partecipavano 
								all’accerchiamento mantennero l’alt al fuoco.
								 
								
								Alle 16.45, nel pomeriggio del 3 agosto, il Che 
								mi inviò un altro messaggio: 
								
								“ Farò tutto come mi dici. Il cammino che va a 
								Cayo Espino senza passare per Jíbaro deve 
								passare per  Herradura necessariamente. 
								
								Non credo che si debba debilitare di più il 
								cerchio, perchè potrebbero tentare un’uscita 
								disperata e rompere le nostre linee in qualche 
								punto vulnerabile, salvandosi parte d’una truppa 
								che non si deve salvare”. 
								
								E più avanti aggiungeva:   
								
								 "Mi pare che abbia una certa importanza tenere 
								qui la 50, perchè in un paio di giorno si può 
								avere l’esploratore. [...] altrimenti si può 
								continuare a tirare cibo e munizioni 
								indefinidamente ". 
								
								Il Che si riferiva al Piccolo aereo 
								d’esplorazione nemico  che, a parte la sua 
								funzione d’orientare il tiro e il bombardamento, 
								lanciava impunemente paracadute  con 
								rifornimenti e munizioni  nell’ accampamento 
								assediato. 
								
								Alla fine in quello stesso messaggio il Che mi 
								chiese d’incaricarmi di un tema che lo 
								infastidiva molto:   
								
								“Devo chiederti di cercare di localizzare il mio 
								mulo, perchè qualcuno lo ha preso ed è una cosa 
								che non sono disposto a permettere. Qui cacano 
								su tutto con una disordine barbaro e ti chiedo 
								di farmi riavere il mulo con quello che lo ha 
								preso, perchè si  benefici con il  digiuno”. 
								
								Quella mattina Guillermo ordino alle forze di 
								Huber Matos di rimanere imboscate sulla cima di 
								La Herradura per evitare l’uscita del 
								 battaglione nemico. Quel giorno, 
								specificatamente, Huber Matos mi inviò due donne 
								detenute dai suoi combattenti, che portavano 
								lettere, medicinali e vestiti per i soldati 
								assediati. Le sentinelle della truppa di Suñol 
								avevano permesso loro di passare  per Sao Grande 
								indebitamente. 
								
								Il resto della mattina e parte del pomeriggio, 
								l’aviazione mitragliò  indiscriminatamente le 
								zone di Gabiro,  Vegas de Jibacoa, Arroyones,
								
								
								La Herradura 
								e altri punti vicini. Senza dubbi, a Las 
								Mercedes solo l’aereo di riconoscimento 
								sorvolava l’accampamento 
								
								nemico.  
								
								Camilo e i suoi uomi intanto restavano imboscati 
								nelle colline di Estrella Bello e di Los Popa, a 
								Cuatro Caminos, aspettando i rinforzi. 
								 
								
								Quel pomeriggio il Che scrisse a Camilo un 
								messaggio: 
								
								“Qui tutto bene. Oggi l’aviazione ci ha lasciato 
								riposare. 
								
								[...] 
								
								Non ti auguro di catturare un carro armato, 
								perchè Fidel poi te lo prende”. 
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