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								Quando J.F. Kennedy voleva 
								eliminare il blocco imposto a Cuba 
								 
								
								Carlos Lechuga 
								 
								
								È sorprendente il passaggio realizzato da (John 
								F.) Kennedy per esplorare una possibile intesa 
								con Cuba, se si considera la situazione che 
								imperava in quei momenti di persistenza   delle 
								azioni aggressive, ma dimostrò che in qualche 
								modo desiderava abbattere questa solida muraglia 
								d’intransigenza  con la Cuba rivoluzionaria.
								 
								
								Presentava un gran rischio politico e per questo 
								le gestioni da lui iniziate furono confinate 
								alla conoscenza di un ridotto gruppo dei suoi 
								più intimi collaboratori, e quello indicava la 
								sfiducia che provava... 
								
								Un elemento che forse era presente nella 
								decisione che prese – tutto è nel terreno della 
								speculazione – era che, superata la crisi 
								d’ottobre e aperto il cammino per la distensione 
								con la URSS, la situazione internazionale 
								avrebbe presentato un altro colore, anche se la 
								questione cubana per gli USA avrebbe presentato 
								sempre caratteristiche diverse da quelle del 
								resto del mondo.  
								
								Un primo incontro d’esplorazione avvenne tra 
								 William Attwood, aggiunto all’ambasciatore 
								nordamericano nella ONU, l’ex editore di Look 
								Magazine – che aveva intervistato  Fidel Castro 
								nel 1959 - e Carlos Lechuga, ambasciatore cubano 
								in questo organismo.  
								
								L’incontro avvenne il 23 settembre del 1963 con 
								risultati  pieni di speranza, nella casa di Lisa 
								Howard, giornalista della catena American 
								Broadcasting Company -ABC- che aveva a sua volta 
								intervistato Fidel a L’Avana, il 22 aprile del 
								1963.  
								
								“Nella sala della casa di Lisa Howard, tra 
								cocktails, tramezzini, diplomatici e 
								giornalisti, mi presentarono l’ambasciatore 
								nordamericano (William Attwood), che non perse 
								tempo e mi espose l’obiettivo del suo incontro 
								con me.  
								
								Mi disse che era stato autorizzato da Adlai 
								Stevenson (Ambasciatore degli USA nella ONU) a 
								parlarmi e che in poche ore sarebbe andato a  
								Washington per chiedere l’autorizzazione al 
								Presidente per andare a Cuba, farsi ricevere da 
								Fidel e indagare sulla possibilità di un 
								avvicinamento tra L’Avana e Washington. 
								 
								
								Viaggiava in incognito e mi avvisò anche che 
								stava parlando a titolo personale,  pendente 
								dalle istruzioni che avrebbe ricevuto. 
								 
								
								La situazione esistente era anomala, disse, e in 
								qualche momento si doveva rompere il ghiaccio. 
								Fu molto loquace e si notava che desiderava 
								stabilire un ambiente di franchezza per dare la 
								certezza della sincerità dei suoi propositi.
								 
								
								Da parte nostra gli dicemmo che anche noi si 
								parlava  a titolo personale e che avrei 
								informato il mio governo per sapere la decisione 
								che avrebbe preso a proposito della proposta.  
								Aggiunsi che, considerando la situazione che 
								esisteva tra il suo paese e il mio, e la 
								politica aggressiva che non si cancellava, era 
								sorprendente quello che mi avrebbe detto e che 
								io lo avrei ascoltato con molto interesse”.
								 
								
								Kennedy voleva eliminare il blocco  
								
								Kennedy voleva negoziare con Cuba per eliminare 
								il blocco.   
								
								“William Attwood mi spiegò che era autorizzato a 
								parlare con me perchè il Presidente desiderava 
								un avvicinamento con il nostro paese, anche se 
								nel governo esistevano settori contrari ad un 
								accordo con Cuba.  
								
								Kennedy aveva appoggiato l’invasione di Playa 
								Girón e sostenuto i terroristi, ma era giunto il 
								momento in cui aveva deciso di cambiare 
								politica. 
								
								Mi parve molto strano, perchè ci attaccava in 
								continuazione. In quei giorni fece un discorso 
								abbastanza neutrale nell’American University, ma 
								poi a Berlino pronunciò un discorso molto 
								aggressivo, citando il nostro paese.  
								
								Nel secondo colloquio mi disse che Robert 
								(fratello del Presidente) era d’accordo anche 
								lui e decidemmo di preparare un’agenda di 
								lavoro. Questo avvenne nel novembre del 1963, il 
								mese in cui assassinarono Kennedy.  
								
								Poi si pubblicò un libro nel quale si assicura 
								che aveva lasciato scritto sulla sua scrivania,  
								che al ritorno da Dallas avrebbe conversato con 
								Atwood sullo sviluppo delle conversazioni con 
								me.  
								
								Un aiutante di Kennedy - Arthur Schlezinger – 
								che è venuto a Cuba in varie occasioni, per 
								partecipare a incontri sulla Crisi d’Ottobre , 
								dice in uno dei suoi libri “... le conversazioni 
								di  Atwood con Lechuga erano vigilate dalla CIA, 
								perchè vedevano i due parlare insieme nelle 
								Nazioni Unite e sicuramente non parlavano di 
								liquori”.  
								
								Carlos Lechuga Hevia è giornalista e diplomatico 
								cubano. Fondatore della diplomazia 
								rivoluzionaria cubana e ultimo ambasciatore 
								cubano nell’Organizzazione degli Stati Americani 
								-OSA - rappresentò l’Isola nella ONU durante la 
								Crisi d’Ottobre e nel 1963 fu il vincolo dei 
								contatti che Kennedy aveva iniziato con il 
								governo cubano, una politica che aveva come 
								obiettivo l’apertura di canali di comunicazione 
								tra i due paesi. (Frammenti dal libro di Carlos Lechuga “En el 
								ojo de la tormenta” (Ocean Press, 1995) e 
								dell’intervista concessa a  Julio Batista, 
								pubblicata in Cubaperiodistas- Traduzione Gioia 
								Minuti) 
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