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Ban Ki-moon e le rovine di Gaza
Waldo Mendiluza
Il segretario generale della ONU, Ban Ki-moon,
ha mostrato la sua costernazione di fronte ai
danni umani e materiali apprezzati in
Palestina, nella Striscia di Gaza, come
risultato dell’aggressione di Israele nel luglio
e agosto scorsi.
“Sono venuto a Gaza per due giorni per vedere
con i miei stessi occhi la situazione”, ha
spiegato ai giornalisti in una conferenza stampa
durante il suo giro, che ha compreso Washington,
Tunisi, la Libia, l’Egitto, la Palestina e
Israele.
Il diplomatico ha detto che nella Striscia ha
osservato comunità distrutte interamente e un’
economia in rovina, in uno scenario dovuto ai
bombardamenti e alle incursioni terresti
sferrate da Tel Aviv per 50 giorni, che hanno
aggravato la situazione di un territorio
occupato dal 1967 e bloccato dal 2006.
“Ho conversato con molte persone, tra le quali i
genitori di alcuni dei più di 500 bambini uccisi
nei combattimenti, ed ho ascoltato storie molto
commoventi sulle perdite umane”, ha commentato.
Ban ha detto di sentirsi molto preoccupato per
gli sfollati, considerando la vicinanza
dell’inverno ed ha segnalato l’impegno della
comunità internazionale di destinare 5400
milioni di dollari per la ricostruzione di Gaza,
annuncio fatto nella conferenza dei donanti
svolta a El Cairo domenica 12 ottobre.
“Dobbiamo trasformare queste promesse in
assistenza tangibile”, ha avvertito.
Per il Segretario Generale, la situazione del
territorio di 360 chilometri quadrati e con un
milione 800.000 abitanti è sintomatica di un
problema maggiore: l’intorpidimento del processo
di pace nel Medio Oriente.
“Conosco la frustrazione che provocano decenni
di sforzi falliti, ma la soluzione negoziata dei
due stati, Palestina e Israele è la sola
maniera per far terminare un ciclo di guerre e
di scontri inutili”, ha stimato.
Ban ha anche affermato che la comunità
internazionale ha la responsabilità di fare
pressione per cercare la pace nella regione ed
ha sottolineato la preoccupazione per le
costanti provocazioni sioniste nei luoghi sacri
di Gerusalemme, che sono fatti che infiammano le
tensioni, quando sono invece necessarie azioni
per far tornare le parti al tavolo delle
conversazioni.
Nell’aprile scorso le conversazioni propiziate
dagli USA si sono interrotte, fenomeno che la
Palestina ha attribuito alla mancanza di volontà
politica di Tel Aviv espressa con l’eterna
colonizzazione dei territori occupati sulla riva
occidentale e la repressione. (Traduzione GM
- Granma Int.)
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