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								Gli USA ammettono nella ONU 
								d’aver praticato la tortura dopo l’11 settembre 
								
								  Una foto d’archivio del 15 marzo 
								2002 mostra un prigioniero del Campo Rayos X, 
								scortato dalle  guardie, mentre altri reclusi 
								sono nelle loro celle nella   Base Navale della 
								Baia di Guantánamo, in Cuba. 
								
								(Foto
								
								
								AP/Tomas van Houtryve)
 
								
								Gli Stati Uniti hanno ammesso nuovamente di 
								fronte al Comitato contro la Tortura delle 
								Nazioni Unite d’avare torturato i prigionieri 
								negli anni successivi ai fatti dell’11 settembre 
								del 2001. 
								
								“Abbiamo superato la linea e ci assumiamo le 
								responsabilità”, ha affermata la consigliera 
								legale Mary McLeod,  parlando al Comitato 
								dell’organizzazione della ONU,  riportando le 
								prole testuali dette dal presidente  Obama 
								nell’agosto scorso.  
								
								Il riconoscimento degli abusi ha appena occupato 
								un paio di frasi, dato che la McLeod si è 
								riferita soprattutto all’ orgoglio di Washington 
								e del suo procedere dentro e fuori dalle sue 
								frontiere.  
								
								L’ambasciatore presso il Consiglio dei Diritti 
								Umani della ONU,  Keith Harper, ha ridotto i 
								fatti affermando che “nessun paese è perfetto”, 
								e la Mc Leod ha approfittato dell’occasione per 
								lodare l’amore del suo paese,  identificando le 
								violazioni come un caso “per non aver vissuto in 
								accordo con i nostri valori”.  
								
								Queste frasi della funzionaria  McLeod formano 
								parte di una testimonianza di due giorni nella 
								sessione di domande, a Ginevra, in Svizzera, 
								fatte a una delegazione di 30 alti funzionari 
								degli USA sulle tecniche, gli interrogatori e le 
								torture applicate  dagli Stati Uniti  a persone 
								accusate dagli stessi USA di terrorismo. 
								 
								
								Uno degli investigatori principali, l’italiano 
								Alessio Bruni, ha chiesto alla delegazione di 
								spiegare le violazioni, includendo le prigioni 
								segrete della CIA, la brutalità dei metodi usata 
								e le condizioni dei prigionieri nella prigione 
								situata nel territorio cubano occupato 
								di Guantánamo. 
								
								Inoltre, ha informato l’agenzia di stampa 
								Associated Press, Bruni ha reclamato dai 
								funzionari che enumerassero le misure che 
								eventualmente avevano utilizzato in applicazione 
								delle dichiarazioni contro la tortura del 
								presidente statunitense e perchè la prigione di 
								Guantánamo dove sono recluse persone senza 
								accuse nè processi, è ancora aperta.  
								
								Il Comitato ha ripreso gli statunitensi per 
								l’abbandono senza compenso delle vittime di 
								abusi commessi dai militari statunitensi  nel 
								carcere iracheno di Abu Ghraib, dopo l’invasione 
								del paese arabo nel 2003, fatta da una 
								coalizione di paesi, guidati da Washington. 
								
								Quando assunse l’incarico presidenziale nel 
								2009, Barack Obama aveva vietato certe tecniche 
								d’interrogatorio, ma senza ordinare che questa 
								proibizione si applicasse anche a Guantánamo o 
								nei numerosi centri clandestini di detenzione 
								della CIA, mantenuti in paesi di tutto il mondo.
								 
								
								L’8 novembre, il colonnello degli USA  David 
								Heath, comandante del carcere di Guantánamo, ha 
								considerato come una  speranza poco 
								
								 realista la chiusura della prigione nel periodo 
								che resta  prima della fine del  mandato  del 
								presidente,  anche se Obama si era impegnato a 
								chiudere il carcere sei anni fa durante la 
								campagna elettorale del 2008. 
								
								( agenzie / Traduzione GM - Granma Int.)
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