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Nella terra del Chacmool
Froilán
Gonzáles Garcia e Adys Cuoull Reyes, sono una
coppia eccezionale, con tre figli e sette
nipoti, scrittori, giornalisti diplomatici e
specialisti in investigazioni - sul Che in
particolare e su molte grandi figure, tra le
quali anche gli italiani Tina Modotti e
l’antifascista perugino Gastone Sozzi.
Sino ad
oggi hanno pubblicato 32 libri, tutti
importanti, e i loro titoli sono troppi per
elencarli qui.
Spesso
viaggiano e non è facile incontrarli nella loro
casa che è quasi un museo, molto viva. Ora sono
impegnanti nella creazione di 21 documentari sui
guerriglieri boliviani – che furono infatti
ventuno - che lottarono con il Che, le loro
famiglie, gli amici, e il loro sensibile
ricordo.
Hanno
scritto questo bel diario di viaggio, che
riguarda la presentazione di due dei loro libri
e la “scoperta del Chacmool”, il dio maya della
pioggia, il Grande Giaguaro, la cui statua si
trova anche a L’Avana, in calle 23 all’entrata
della UPEC, che pubblichiamo in due tappe.
Adys si
chiama di cognome Cupull e non è casuale(GM).
Adys Cupull e Froilán González
L’antropologo yucateco Juan Peón Contreras e il
maestro Rodolfo Menéndez de la Peña, furono
fedeli difensori del Chacmool, "muto ricordo
della primitiva grandezza americana."1) che
oggi è esposto nel Gran Museo del Mondo Maya di
Merida, come patrimonio della regione e del
Messico.
Nella penisola dello Yucatán si può ammirare e
sentire la presenza della Civiltà Maya.
Nel suo scritto su “Le rovine indiane”, José
Martí si riferisce agli indigeni di Nuestra
America, risaltando la loro saggezza e
delicatezza.
Ragionò sui loro costumi e li situò nella
cuspide della moralità e la creazione. Segnala
che in loro tutto è interessante, ardito,
nuovo, che gli originari furono una razza
artistica intelligente e pulita. Dettaglia
l’architettura dei loro palazzi e afferma che le
rovine più belle di questa parte dell’America
esistono là dove vissero i maya che definì
“gente guerriera e di molto potere, che
ricevevano dai popoli del mare, visite e
ambasciatori."2)
Il mare unisce il popolo maya al cubano, si
estende per duecentodieci chilometri tra una e
l’altra costa. Come in un salto, appaiono le
case di calce e i canti tipici di Mérida, che fu
rifugio dei patrioti perseguitati in Cuba,
perchè lottavano contro la Spagna, durante la
Guerra d’Indipendenza.
La penisola è una terra piena di sorprese.
Nel 1976 visitammo la città, vedemmo le rovine
de Chichén Itzá e di Uxmal, che sono come un
libro aperto, che mostrano simboli intagliati
in pietre, somiglianti a orli di ricami, di
tessuti e fini pizzi incrostati.
Quell’anno indagammo sulla radice del
patronimico Cupull, e vedemmo che appariva
scritto in molti luoghi in differenti forme:
Kupul o Cupul. Conoscemmo che nell’enciclopedia
intitolata "Yucatán nel tempo maya", si spiega
che la voce Ku-pul, significa “ quello che
gesta, ritorna o salta e che all’arrivo degli
spagnoli esistevano varie zone di cacicchi, tra
le quali quello chiamato Cupul che si estendeva
nella regione delle piramidi.
I suoi abitanti erano i “cupules”.
Osservammo il nome in Istituzioni, monumenti,
commerci, strade e nelle famiglie.
Nel libro di storia intitolato "Conquista e
scoperta" appaiono le mappe antiche della
regione che loro abitavano, osservammo
l’estensione territoriale che occupava questa
civiltà. Nelle opere di Victor W. Von Hagen e
de Sylvanus G. Morney esistono riferimenti ai
“cupules”. Sicuramente la straordinaria
cultura fu forgiata da uomini saggi, creatori
della bellezza spirituale e materiale che è
durata molto più del tempo immaginato.
Provoca indignazione conoscere la forma in cui i
conquistatori distrussero parte delle opere
d’arte e delle scienze maya. Alcuni studiosi
affermano che sono creazioni perfette e le
situano ad un livello superiore alle più
raffinate del vecchio mondo.
I maya esistono nella preservazione delle loro
sculture, dei resti architettonici dei loro
costumi e della loro lingua, protetti dalla
storia, che non dimenticano, che sono alleanza e
scudo di fronte al graduale aumento dell’aumento
del turismo internazionale.
Una percentuale elevata di famiglie conservano
il cognome nativo, e tra loro Camul, Cahuach,
Cohuó, Pech, Ticul, Ucan, Chi, Uc, Moo.
I cognomi marcano l’identità della penisola,
dove appaiono anche Montejo, Hernández, Soto,
Rodríguez, González, García, López, e altri.
Osservammo il risultato di quell’abbraccio del
quale parlò l’antropologo cubano Don Fernando
Ortiz, riferendosi alla composizione di culture
che rinforzò la nostra identità nazionale.
Senza dubbio, non è per l’accettazione
dell’unione, che si devono dimenticare i fatti,
nè la storia degli uomini e delle donne che
hanno forgiato i nostri popoli, Gli spagnoli
furono i primi invasori che si appropriarono
delle terre e delle vite.
Si narrano secoli di resistenza dei nativi
contro l’invasore, dello sterminio della nobiltà
maya, l’oppressione sulle loro famiglie, il
trasferimento dei guerrieri ribelli in altre
terre come servi o schiavi.
Non si conosce ancora con esattezza la storia di
coloro che furono portati in Spagna e nelle
colonie della Metropoli, come Cuba, dove
giunsero secondo le statistiche, dal XVII
secolo.
Si appropriarono di pezzi preziosi, oro,
argento e importante documenti scritti in lingua
maya furono bruciati e distrutti. Senza dubbio
non riuscirono a scoprire, nè a portare via
Chamool, l’opera pre ispanica scolpita in
pietra, chiamata da alcuni investigatori il Dio
Maya dell’acqua, o Dio Maya della pioggia o
Grande giaguaro.
Ma dopo che l’opera fu disseppellita, lo
chiamarono Chacmool in maya, che tradotto in
spagnolo significa, Re Tigre. Il suo nome
fue pubblicato per la prima volta nel
quotidiano El Mensajero, il 9 febbraio del
1875 e appare separato: Chac-Mool e nel
Giornale ufficiale di Mérida nel mese di
febbraio. 3)
Nell’ottobre del 2013, abbiamo visitato di
nuovo Merida, "la terra degli occhi neri "4).
Ci ricevette il Console Generale di Cuba nella
Penisola, Mario Jorge García Cecilia, e dal
decano dei giornalisti a Campeche, Carlos Reyes
Alpuche. Era verde il paesaggio, la natura viva
salutava con il suo rosmarino e il nostro fiore
nazionale, la mariposa, e le verdi palme,
gelsomini e ceibas, come par far sì che non
provassimo nostalgie.
A queste somiglianze con l’Isola si riferiva
José Martí, che segnalò che era una terra
generosa, perchè giungendo ci mostrava gli
alberi della Patria.
Fummo invitati a presentare i nostri libri in
varie città: San Francisco di Campeche, Calkiní,
Champotón, Merida e Valladolid. Stavolta
conoscemmo nei dettagli perchè non poterono
portar via il Chacmool, quello di Mérida
disseppellito nel 1875, una scultura
precolombina maya, custodita dagli aborigeni che
portarono l’antropologo nordamericano Augustus
Le Plongeon e sua moglie, la fotografa
britannica Alice Dixon sino al luogo in cui
s’incontrava.
Le Plongeon fece conoscere il fatto e aveva
l’intenzione di portare il Chacmool ad
un’esposizione a una Filadelfia. Trascorsi 126
anni, fu scoperto il libro dell’antropologo e
storiografo yucateco, Carlos E. Bojórquez
Urzaiz, che realizzò l’ esaustiva investigazione
sul monolito e scrisse la storia di come fu
disseppellito, con dettagli sul suo
trasferimento da Pisté a Izabal e Mérida, su un
carretto tirato da 150 contadini maya; parla
della presenza di José Martí a Mérida e della
sua impressione sui protagonisti del
ritrovamento di Chacmool e perchè lo si
custodisce oggi nel Gran Museo del Mondo Maya a
Mérida.
Il dottor Bojórquez Urzaiz spiega che il
possesso di Chacmool, divenne un tema rilevante
per la politica culturale yucateca, per
l’importanza dell’effige, e perchè è stato uno
dei pochi piani di preservazione patrimoniale
sopravvissuto alla caduta del Governo Liberale
nel 1877. Segnala che l’arrivo di José Martí a
Mérida coincise con gli omaggi e l’esposizione
del Chacmool nella città, fatto che fu
pubblicato nella stampa il 1º marzo di quell’
anno.
L’investigatore Bojórquez Urzaiz chiarì:
". Anche se non si può precisare l’ora in cui
José Martí giunse a Mérida, è sicuro che gli
toccò vivere la soddisfazione imperante nella
città, impegnata negli omaggi per
l’espropriazione di Chacmool, che fu installato
su un tempietto, dove lo vide perfettamente,
ascoltando le spiegazioni di Juan Peón Contreras
e Rodolfo Menéndez, la cui “Ode” forse aveva
ascoltato o letto in questa città."4) Continua
martedì 24.
1.-Bojórquez Urzaiz Carlos E.
Entre mayas y patriotas, José Martí en Yucatán.
Nota del Periódico Oficial, p.71 Editado en
México, 2011.
2-Martí Pérez José T.18 Ob.
Completas P.385 Editorial Nacional de Cuba.
1964
3-Bojórquez Urzaiz Carlos Ob. Cit.
P 66 y 70
4-Bojórquez Urzaiz Carlos E. Ob.
Cit. p.71-72.Editado en México, 2011
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