Prigionieri Politici dell'Impero| MIAMI 5  

     

N U E S T R A   A M E R I C A

 L'Avana. 23 Giugno 2014

   

Nella terra del Chacmool

Froilán Gonzáles Garcia e Adys Cuoull Reyes,  sono una coppia eccezionale, con tre figli e sette nipoti,  scrittori, giornalisti diplomatici e specialisti in investigazioni - sul Che in particolare e su molte grandi figure, tra le quali anche gli italiani Tina Modotti e l’antifascista perugino Gastone Sozzi.

Sino ad oggi hanno pubblicato 32 libri, tutti importanti, e i loro titoli sono troppi per elencarli qui.

Spesso viaggiano e non è facile incontrarli nella loro casa che è quasi un museo,  molto viva. Ora sono impegnanti nella creazione di 21 documentari sui guerriglieri boliviani – che furono infatti ventuno - che lottarono con il Che, le loro famiglie, gli amici, e il loro sensibile ricordo.

Hanno scritto questo bel diario di viaggio, che riguarda la presentazione di due dei loro libri e la “scoperta del Chacmool”, il dio maya della pioggia, il Grande Giaguaro,  la cui statua si trova anche a L’Avana, in calle 23 all’entrata della UPEC, che pubblichiamo in due tappe. 

Adys si chiama di cognome Cupull e non è casuale(GM).

Adys Cupull e Froilán González

L’antropologo yucateco Juan Peón Contreras e il maestro Rodolfo Menéndez  de la Peña, furono fedeli  difensori del Chacmool, "muto ricordo della  primitiva grandezza americana."1) che oggi è esposto nel Gran Museo del Mondo Maya di Merida, come patrimonio della regione e del Messico.

Nella penisola dello Yucatán si può ammirare e sentire la presenza della Civiltà Maya.

Nel suo scritto su “Le rovine  indiane”, José Martí si riferisce agli indigeni di Nuestra America, risaltando la loro saggezza e delicatezza.

Ragionò sui loro costumi e li situò nella cuspide della moralità e la creazione. Segnala  che in loro tutto è interessante, ardito,  nuovo, che gli originari furono una razza artistica intelligente e pulita. Dettaglia l’architettura dei loro palazzi e afferma che le rovine più belle di questa parte dell’America esistono là dove vissero i maya che definì “gente guerriera e di molto potere, che ricevevano dai popoli del mare, visite e ambasciatori."2)

Il mare unisce il popolo maya al cubano, si estende per duecentodieci  chilometri tra una e l’altra costa. Come in un salto, appaiono le case di calce e i canti tipici di Mérida, che fu rifugio dei patrioti perseguitati in Cuba, perchè lottavano  contro la Spagna, durante la Guerra d’Indipendenza. La penisola è una terra piena di sorprese.

Nel 1976 visitammo la città, vedemmo le rovine  de Chichén Itzá e di  Uxmal, che sono come un libro aperto, che mostrano  simboli intagliati in pietre, somiglianti a orli di ricami, di tessuti e fini pizzi incrostati.

Quell’anno indagammo sulla radice  del patronimico Cupull, e vedemmo che appariva scritto in molti luoghi in differenti forme: Kupul o Cupul. Conoscemmo che nell’enciclopedia intitolata "Yucatán nel tempo maya", si spiega che la voce Ku-pul, significa “ quello che gesta, ritorna o salta e che all’arrivo degli  spagnoli  esistevano varie zone di cacicchi, tra le quali quello chiamato Cupul che si estendeva nella  regione delle  piramidi. I suoi abitanti erano i “cupules”.  Osservammo  il nome in  Istituzioni, monumenti, commerci, strade e nelle  famiglie.

Nel libro di storia intitolato "Conquista e scoperta" appaiono  le mappe antiche della regione che loro abitavano, osservammo l’estensione territoriale che occupava questa civiltà.  Nelle  opere di Victor W. Von Hagen e de Sylvanus G. Morney esistono riferimenti  ai “cupules”.  Sicuramente la straordinaria cultura  fu forgiata da uomini saggi, creatori della bellezza spirituale e materiale che è durata molto più del tempo immaginato.

Provoca indignazione conoscere la forma in cui i conquistatori distrussero parte delle opere d’arte e delle scienze maya. Alcuni studiosi affermano che sono creazioni  perfette e le situano ad un livello superiore alle più raffinate del vecchio mondo.

I maya esistono nella preservazione delle loro sculture, dei resti architettonici dei loro costumi  e della loro lingua, protetti dalla storia, che non dimenticano, che sono alleanza e scudo di fronte al graduale aumento dell’aumento del turismo internazionale.

Una  percentuale elevata di famiglie  conservano il cognome nativo, e tra loro Camul, Cahuach, Cohuó, Pech, Ticul, Ucan, Chi, Uc, Moo.

I cognomi marcano l’identità della penisola, dove appaiono anche  Montejo, Hernández, Soto, Rodríguez, González, García, López, e altri. Osservammo il risultato di quell’abbraccio del quale parlò l’antropologo cubano Don Fernando Ortiz, riferendosi alla composizione di culture che rinforzò la nostra  identità nazionale.

Senza dubbio, non è per l’accettazione dell’unione, che si devono dimenticare i fatti, nè la storia degli uomini e delle donne che hanno forgiato i nostri popoli, Gli spagnoli furono i primi invasori che si appropriarono delle terre  e delle vite.

Si narrano secoli di resistenza dei nativi contro l’invasore, dello sterminio della nobiltà maya, l’oppressione sulle loro famiglie, il trasferimento dei guerrieri ribelli in altre terre come servi o schiavi.

Non si conosce ancora con esattezza la storia di coloro che furono portati in Spagna e nelle colonie della Metropoli, come Cuba, dove giunsero secondo le statistiche, dal XVII secolo.

Si  appropriarono di pezzi preziosi, oro, argento e importante documenti scritti in lingua maya furono bruciati e distrutti. Senza dubbio non riuscirono a scoprire, nè a portare via  Chamool, l’opera pre ispanica scolpita in pietra, chiamata da alcuni investigatori il Dio Maya dell’acqua, o Dio Maya della pioggia o Grande giaguaro.

Ma dopo che l’opera fu disseppellita, lo chiamarono  Chacmool in maya, che tradotto in spagnolo  significa,  Re Tigre.  Il suo nome fue  pubblicato per la prima volta nel quotidiano El Mensajero,  il 9 febbraio del 1875  e appare  separato: Chac-Mool e nel Giornale ufficiale di Mérida nel mese di febbraio. 3)

Nell’ottobre del  2013, abbiamo visitato di nuovo Merida, "la terra degli occhi neri "4). 

Ci ricevette il Console Generale di Cuba nella Penisola, Mario Jorge García Cecilia, e dal decano dei giornalisti a Campeche, Carlos Reyes Alpuche. Era verde il paesaggio, la natura viva salutava con il suo rosmarino e il nostro fiore nazionale, la mariposa, e le verdi palme,  gelsomini e ceibas, come par far sì che non provassimo nostalgie.

A queste somiglianze con l’Isola si riferiva José Martí, che segnalò che era una terra generosa,  perchè giungendo ci mostrava gli alberi della Patria.

Fummo invitati a presentare i nostri libri in varie città: San Francisco di Campeche, Calkiní, Champotón, Merida e Valladolid.  Stavolta conoscemmo nei dettagli perchè non poterono portar via il Chacmool, quello di Mérida disseppellito nel 1875, una scultura precolombina maya, custodita dagli aborigeni che portarono l’antropologo nordamericano Augustus Le Plongeon e  sua moglie, la fotografa britannica Alice Dixon sino al luogo in cui s’incontrava.

Le Plongeon fece conoscere il fatto e aveva l’intenzione di portare il Chacmool ad un’esposizione a una Filadelfia. Trascorsi 126 anni, fu scoperto il libro dell’antropologo  e storiografo yucateco, Carlos E. Bojórquez Urzaiz, che realizzò l’ esaustiva investigazione sul monolito e scrisse la storia di come fu disseppellito,  con dettagli sul suo trasferimento da Pisté a Izabal e  Mérida, su un carretto tirato da 150 contadini maya; parla della presenza di José Martí a Mérida e della sua impressione  sui protagonisti del ritrovamento di Chacmool e  perchè lo si custodisce oggi nel Gran Museo del Mondo Maya a Mérida.

Il dottor Bojórquez Urzaiz spiega che il possesso di Chacmool, divenne un tema rilevante per la politica culturale yucateca, per l’importanza dell’effige, e perchè è stato uno dei  pochi piani  di preservazione patrimoniale sopravvissuto alla caduta del Governo Liberale nel 1877. Segnala che l’arrivo di José Martí a Mérida coincise  con gli omaggi e l’esposizione del Chacmool nella città, fatto che fu pubblicato nella stampa il 1º  marzo di quell’ anno.

L’investigatore Bojórquez Urzaiz chiarì:

". Anche se non si può precisare l’ora in cui José Martí giunse a Mérida, è sicuro che gli toccò vivere la soddisfazione  imperante nella città, impegnata negli omaggi per l’espropriazione di  Chacmool, che fu installato su un tempietto, dove lo vide  perfettamente, ascoltando le spiegazioni di Juan Peón Contreras e Rodolfo Menéndez, la cui “Ode” forse aveva ascoltato o letto in questa città."4) Continua martedì 24.

1.-Bojórquez Urzaiz Carlos E. Entre mayas y patriotas, José Martí en Yucatán. Nota del Periódico Oficial, p.71 Editado en México, 2011.

2-Martí Pérez José T.18 Ob. Completas P.385  Editorial Nacional de Cuba. 1964

3-Bojórquez Urzaiz Carlos Ob. Cit. P 66 y 70

4-Bojórquez Urzaiz Carlos E. Ob. Cit. p.71-72.Editado en México, 2011
 

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