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Quello che non ci raccontano
L’Ambasciata degli USA dietro
alla campagna contro i cooperanti medici di Cuba
in Brasile.
Ormai è realtà. Circa 6000 medici cubani offrono
le loro attenzioni sanitarie a intere
popolazioni degli stati del nord e del nordest
del Brasile, che vivono in condizioni di
isolamento e di estrema povertà. Su questo,
fino ad oggi, non abbiamo letto neppure un solo
reportage della grande stampa brasiliana o
internazionale.
Però, al contrario, ha fatto notizia in decine
di mezzi d’informazione di tutto il mondo, lo
show organizzato da una sola persona, la
dottoressa cubana Ramona Rodríguez Matos. In
conferenza stampa, la dottoressa ha annunciato
di abbandonare il programma di cooperazione
medica perché è stata “ingannata” dal suo
governo.
Ricordiamo che Cuba, Brasile e l’Organizzazione
Panamericana della Salute, hanno firmato un
accordo per integrare i suddetti professionisti
dell’Isola nel programma “Mais médicos”,
iniziativa del Governo di Dilma Rousseff per
portare servizi di salute in aree storicamente
trascurate.
In
base a questo accordo, secondo alcuni mezzi
d’informazione, i cooperanti riceverebbero tra
un 25 e un 40% dell’ammonto totale che paga il
Brasile.
Il
resto sarebbe amministrato dal ministero della
Salute Pubblica di Cuba per auto finanziare i
servizi della salute nell’Isola.
Cuba ha circa 40.000 cooperanti sanitari in 58
paesi del Terzo Mondo.
Nella maggioranza di questi,
Cuba copre totalmente i costi e i salari. Però
nel caso di nazioni con risorse proprie, come
Venezuela, Sudafrica, Qatar o Brasile, esistono
accordi di controprestazione economica che
servono, ad esempio, per coprire i costi dei
servizi sanitari, apparecchiature o acquisti di
medicamenti per tutta la popolazione dell’isola
di Cuba.
Le
campagne mediatiche contro la presenza medica
cubana non sono delle novità. In Venezuela, ad
esempio, i mezzi d’informazione accusavano i
cooperanti cubani di essere “agenti” o “spie”.
In
Brasile, il messaggio centrale dell’attuale
campagna mediatica è che sono “schiavi” del
Governo cubano, che destina ad altri fini
sociali all’interno dell’Isola una parte del
denaro che entra nelle casse.
E’ un radicale contrasto di
concetti ideologici: quello difeso da uno stato
socialista in un paese povero e sotto embargo
come Cuba che, grazie alla formazione di
migliaia di professionisti, sostiene un il suo
sistema di salute con entrate generate
all’estero e, dall’altra parte, quello difeso
dai mezzi d’informazione e dai collegi medici
brasiliani, che appoggiano le posizioni
individualiste e non solidarie dei pochi medici
cubani che abbandonano l’attenzione e le cure
verso le popolazioni più vulnerabili, con
l’aspirazione di entrare a far parte dell’elite
della classe medica latinoamericana.
Torniamo allo show della dottoressa cubana. Vari
mezzi d’informazione hanno sottolineato che
aveva chiesto asilo in Brasile. Però si sono
dimenticati di chiarire dove: nell’ambasciata
degli Stati Uniti a Brasilia. E si sono pure
dimenticati di menzionare, inoltre, la parte
informativa fondamentale per capire tutto questo
affare: che la dottoressa si era rifugiata al
cosiddetto “Cuban Medical Professional Parole”
, programma dei Dipartimenti di
Stato e della Sicurezza Nazionale degli USA,
creato per accogliere come rifugiati politici i
cooperanti medici di Cuba nel mondo, in
qualsiasi ambasciata o consolato nordamericano.
Questa iniziativa, insuperabile quanto a
immoralità, non è neppure menzionata nella
maggioranza dei mezzi di comunicazione. Il
portale della BBC in spagnolo, ad esempio, ha
detto che la dottoressa “si è messa in contatto
con l’ambasciata statunitense a Brasilia per (…)
richiedere un visto che Washington concede ai
medici cubani presenti in paesi terzi”.
Però neppure una parola sul citato programma, un
vero e proprio scandalo etico.
Il
programma brasiliano “Mais médicos” è appoggiato
–secondo un sondaggio realizzato lo scorso
novembre– dall’84,3 % della popolazione del
paese e ha migliorato la popolarità della
presidentessa Dilma Rousseff.
Per
questo la destra brasiliana, i collegi medici e
la grande stampa cercano di discreditarlo con
tutti i mezzi. I leader del Partito Democratico,
della destra oppositrice brasiliana, si
presentavano di fronte a i mezzi d’informazione
con la citata dottoressa cubana, facendo un
appello al resto dei medici cubani perché la
imitassero. Lo stesso facevano vari collegi
medici, come l’Associazione Medica Brasiliana,
il cui presidente Florentino Cardoso,
curiosamente, aveva qualificato come “scorie” i
medici cubani alcuni mesi fa.
Il
giornale spagnolo El País apportava il suo
granello di sabbia alla campagna, affermando che
“il medico (cubano) mette in una posizione
scomoda il Governo di Dilma Rousseff”
mentre il portale in spagnolo
della BBC, titolava che “Il medico cubano (...)
era diventato un problema politico per il
Brasile”.
Però i dati smentiscono decisamente qualsiasi
propaganda. Il Ministro brasiliano della Salute,
Arthur Chioro, ha espresso che i pochi casi di
abbandono da parte dei medici cubani –due dei
quali con destinazione verso gli Stati Uniti,
più altri 22 che hanno deciso di ritornare a
Cuba- sono una cifra “insignificante” di fronte
al totale dei medici che operano in Brasile.
I
mezzi d’informazione insistono sulle condizioni
salariali dei medici cubani e le comparano con
quelle dei loro omologhi brasiliani. Però, nella
comparazione tra entrambi i paesi, dimenticano
di spiegare perché il sistema capitalista, in
Brasile, ha lasciato senza servizi di salute
pubblica tanti milioni di persone, che ora
devono essere curati da professionisti della
sanità socialista cubana. Il giornale spagnolo
ABC, scriveva che il Brasile ha appena
1,8 medici ogni mille persone, di fronte, ad
esempio, ai 4 della Spagna.
Il
giornale però, ha dimenticato di menzionare il
dato di Cuba che, secondo l’Organizzazione
Mondiale della Salute, offre la maggior cifra di
tutto il mondo: 6,7 medici per ogni mille
abitanti.
Il
giornale di Miami El Nuevo Herald ha segnalato
con totale cinismo che il programma “Cuban
Medical Professional Parole” del Governo degli
Stati Uniti, ha come obiettivo “affossare la
diplomazia medica di Cuba” nel mondo.
Il
fatto è che per questi mezzi di comunicazione,
sarà sempre più legittima e democratica la
“diplomazia” dei blocchi, dei marins e delle
invasioni con le quali portare con sangue e
fuoco il progresso in molti luoghi del mondo.
(Di José Manzaneda, coordinatore di
Cubainformación/Traduzione
di Stefano Guastella) .
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