È morto Paco de Lucía, un re
della chitarra e del flamenco
Miguel Lozano
Il chitarrista spagnolo Paco de Lucía, che ha
contribuito a diffondere nel mondo il flamenco,
è morto in Messico per un infarto cardiaco, ha
informato il municipio di Algeciras, in
Andaluasia, la sua città natale.
L’artista, che è morto a Cancún (in Messico) a
66 anni, aveva ricevuto il Dottorato Honoris
Causa dall’Università di Cadice e dal Berklee
College of Music.
Francisco Sánchez Gómez, più conosciuto come
Paco de Lucía, era nato ad Algeciras il 21
dicembre del 1947 y ed aveva dato al flamenco
una dimensione mondiale, con interpretazioni da
grande virtuoso. Era considerato uno dei più
grandi chitarristi del mondo. Il suo nome d’arte
proviene dalla madre Lucía Gómez, portoghese,
che da bambino lo aveva identificato come “Paco,
quello di Lucia”.
Il suo flamenco ha aperto spazi eccezionali con
opere memorabili come “Friday Night in San
Francisco”, “Passion, Grace and Fire” e “The
Guitar Trio”, con Al Di Meola e John McLaughlin,
vere gioie della chitarra e del jazz.
Aveva ricevuto il Premio Principe delle Asturie
delle Arti (nel 2004) e Grammy in differenti
categorie, il Premio Nazionale di Chitarra
dell’Arte flamenca e la Medaglia d’Oro al Merito
delle Belle Arti, tra le tante decorazioni.
La vita artistica di Paco de Lucia era
cominciata a 12 anni, quando formò il duo Los
Chiquitos con suo fratello Pepe come voce, con
il quale incise il suo primo disco.
Poi fu chitarrista della Compagnia di Balletto
Classico Spagnolo e incise i primi dieci dischi
come solista negli anni ’60 del secolo scorso,
anche se il disco “Paco dal vivo”, del 1970 con
il concerto del Teatro Reale ne fece un idolo e
gli fece ottenere il primo disco d’oro.
Poi formò il duo “El Camarón-De Lucía”, con più
di 10 dischi tra i quali El Duende Flamenco
(1972) e Fuente y Caudal (1973). Quindi fondò
Sestetto, e diede una nuova dimensione ai gruppi
di flamenco.
Aveva passato alcuni mesi a L’Avana dove aveva
partecipato al Festival Leo Brower, e voleva
che i suoi figli, Antonia e Diego conoscessero
Cuba.
Aveva incontrato tre volte Los Van Van, il
leggendario gruppo cubano e pensavano di
lavorare insieme in una prossima collaborazione.
Oltre al dolore di sapere che non ascolteremo
più progetti come quello del flamenco con Los
Van Van, restano reliquie sufficienti per
rallegrare l’anima di milioni di persone in
tutto il mondo e sicuramente anche delle future
generazioni. (Traduzione Granma Int.)
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