I figli
Eduardo Galeano
Un breve scritto per la domenica del papà di
questo mago del racconto breve. La data è passata
da tre giorni, ma il racconto è tenero ed è un
piacere leggerlo. - Undici anni fa a Montevideo,
io stavo aspettando Florencia sulla porta di casa.
Lei era molto piccola e camminava come un
orsacchiotto. Io la vedevo poco, restavo al
giornale sino a qualsiasi ora e la mattina
lavoravo all’università. Sapevo poco di lei, la
baciavo addormentata e a volte le portavo
giocattoli o cioccolatini. La madre non era in
casa quel pomeriggio e io aspettavo sulla porta di
casa l’autobus che riportava Florencia dall’asilo.
Giunse molto triste. Non parlava, nell’ascensore
piagnucolava. Poi lasciò raffreddare il latte
nella tazza e guardava per terra. La feci sedere
sulle mie ginocchia e le chiesi di raccontarmi, ma
lei negò con la testa. L’accarezzai, la bacia
sulla fronte e le uscirono alcune lacrime. Io con
il fazzoletto le asciugai il viso e la sculacciai,
e dopo le chiesi di nuovo: “Avanti, dimmi!” Mi
raccontò che la sua migliore amica le aveva detto
che non le voleva bene.
Piangemmo insieme non so quanto tempo, abbracciati
uno all’altra, lì sulla sedia. Io sentivo i
dispiaceri che Florencia avrebbe sofferto negli
anni venire e avrei voluto che Dio esistesse e non
fosse sordo, per potergli chiedere che desse a me
tutto il dolore che le aveva riservato.
( Traduzione GM– Granma Int.)
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