l mio amore per Cuba
Luigi Bardellotto
(Gigi)
Se qualcuno mi chiedesse com’è nato il mio amore
per Cuba, risponderei che è nato come tutti gli
amori; io e Cuba ci siamo scelti, così come si
scelgono due innamorati, inconsapevolmente,
involontariamente, istintivamente…
La mia prima volta all’Avana risale all’estate
del 1998.
Mi sono arreso subito al fascino di quest’isola
che tante volte avevo osservato con curiosità
nelle pagine dell’Atlante geografico. La vedevo
galleggiare con la sua forma allungata tra le
calde acque del Mar dei Caraibi, ma chissà
perché l’ho sempre immaginata orientata oltre
l’immensità dell’Atlantico, verso il mondo. Ora
direi che la vedevo orientata verso di me!
A quel primo viaggio ne sono seguiti molti
altri, esplorativi, volevo conoscere Cuba e così
ne ho visitate tutte le regioni, tutti i
capoluoghi…
Nell’estate del 2005, al rientro da un tour
dell’isola, prima tornare in Italia decido di
fermarmi qualche giorno all’Avana.
Può cambiare qualcosa nella vita di una persona
in un pomeriggio all’Avana?
Fa molto caldo. Mentre passeggio per l’Habana
vieja, quasi per caso entro in una libreria,
cerco vecchi libri di fotografia sulla
Rivoluzione.
Mentre con il mio spagnolo ancora incerto mi
rivolgo al ragazzo che ho di fronte, mi accorgo
che alle pareti ci sono alcuni manifesti appesi.
Mi avvicino per guardarli meglio, erano
manifesti cinematografici, politici, sociali.
Erano colorati, attraenti, curiosi, soprattutto
quelli del cinema..ma la mia attenzione cade su
un classico per chi a Cuba dopo una vacanza,
vuole portarsi a casa un ricordo del viaggio. Il
mio ricordo, indelebile, sarebbe stato un
manifesto del Che.
E’ cominciata così.
Inizio la mia collezione con l’icona più amata a
Cuba, che scoprirò in seguito essere una grafica
di Felix Beltran.
Il giorno seguente ritorno nella libreria e
compro altri carteles. Non li dimenticherò mai,
erano Hasta la Victoria Siempre di Ñiko, o il
Clik di Felix Beltran, il Che di Olivio
Martinez, e il Fantomas di Bachs.
E’ stata una passione immediata, una passione
che negli anni mi avrebbe portato a Cuba sempre
più di frequente.
Voglio saperne di più su queste carte colorate,
comincio a documentarmi acquisto su internet
tutti i libri sulla Grafica Cubana.
Poi la svolta, decido di cercare i grafici, o
chiunque poteva raccontarmi la loro storia.
Pian piano, entro nelle case di Olivio Martinez,
Rafael Morante, Hector Villaverde, Faustino
Perez, Clarita, la Famiglia Rivadulla e
Rostgaard, Fabian il figlio del grande Muñoz
Bachs, e poi i giovani, da Pepe, a Nelson,
Marin, Giselle e Michele..
E’ un’emozione difficile da descrivere, scopro
un mondo di professionisti che hanno saputo
adattarsi alle difficoltà contingenti, penso ad
esempio alla difficoltà nel reperire i
materiali, senza per questo sacrificare
inventiva e risultati.
Quello che scopro veramente però è l’immensa
umanità di queste persone che mi hanno accolto,
straniero e curioso, come se fossi stato uno di
loro, che hanno condiviso con me momenti
difficili delle loro vite per farmi capire fino
in fondo l’essenza dei miei amati carteles.
Nel frattempo oltre a conoscere le storie di
questi grafici, che risiedono a Cuba, cerco
anche chi da Cuba se n’è andato per altri
progetti. Riesco a mettermi in contatto con
Reboiro, e in modo più confidenziale Ñiko, (che
sarà testimone con suo testo nel catalogo di
Mira Cuba).
Passano gli anni e continuo a cercare nuovi
carteles, a scoprirne le storie, tutte diverse,
come se fossero individui e non manifesti. Sono
vicende molto affascinanti, a volte di grande
interesse geopolitico che si intrecciano con la
vita della gente di quest’isola.
Arrivo dopo otto anni ad avere una buona
conoscenza della storia della grafica Cubana, e
una collezione importante, e soprattutto una
catena di amici interminabile!
Sono in Italia, è il febbraio del 2012. E’ una
domenica pomeriggio, sono a Pordenone e sto
visitando una mostra con degli amici, ammirati
dalle opere esposte.
Io penso a Cuba. Forse perché fa freddo e
rimpiango il clima dell’isola o forse perché,
inconsapevolmente nella mia testa sta prendendo
forma un’idea o piuttosto un sogno. Mi ritrovo a
guardare le pareti di quel luogo e a immaginarle
tappezzate dai miei meravigliosi manifesti.
Giovanna, la mia compagna, mi vede assorto e mi
chiede a cosa stia pensando.
Io di getto le rispondo che mi piacerebbe vedere
per una volta i miei carteles tutti assieme, uno
vicino all’altro, che sarebbe fantastico.
Giovanna mi incoraggia, mi dice di provarci a
esporli tutti in una grande mostra, magari
proprio lì, a Pordenone, in quello spazio che si
chiama Galleria Bertossi.
Quella domenica è nata l’idea di Mira Cuba.
Attraverso un’amica, Simona Biolcati, che poi
sarebbe stata una delle curatrici della mostra,
conosco Ivo Boscariol, un giovane architetto.
Insieme prepariamo un progetto da sottoporre al
comune di Pordenone.
Incontriamo l’assessore alla Cultura Claudio
Cataruzza, mi meraviglio nel vedere con quanto
entusiasmo accoglie la nostra proposta, senza
esitazioni.
Quello che mi accadrà da quel momento, per un
anno e mezzo, fino all'inaugurazione della
mostra, e anche successivamente, è qualcosa di
incredibile. Grandi emozioni, e straordinarie
amicizie.
La mostra è stata un trionfo. Oltre novemila
persone hanno visto i miei carteles e attraverso
le forme e i colori che li caratterizzano, molti
hanno imparato a conoscere e forse ad amare la
storia di Cuba, sicuramente a rispettare la
tenacia della sua gente.
Sono molte le persone che mi hanno accompagnato
in questa straordinaria avventura e che voglio
ringraziare. In primis le istituzioni, il Comune
di Pordenone, l'Associazione in Movimento,
l'Associazione Italia-Cuba di Venezia e la sua
presidente Giuliana Grando, l’Ambasciatrice
Milagros Carina Soto Aguero, il grafico Patrizio
de Mattio, Acela Caner, Olivio Martinez e gli
amici di sempre che mi hanno sostenuto e
incoraggiato.
Il grazie più profondo però lo devo a Cuba.
Senza la sua romantica Rivoluzione questa storia
non si potrebbe raccontare e soprattutto io non
sarei quello che oggi sono.
Hasta la Grafica Cubana Siempre.
|